Avevamo il sospetto che la settimana appena trascorsa non fosse di quelle semplici, ma la realtà ha superato sè stessa e non è stata molto tenera con tutti coloro che si occupano di finanza.
Come al solito al centro della nostra attenzione abbiamo l'inflazione, sia quella prodotta al di qua che al di là dell‘Atlantico. Il dato americano di venerdì non ci stupisce e, come stiamo ripetendo da diverse settimane, fino a quando materie prime e soprattutto i costi dell’energia rimarranno stellari non sarà facile invertirne la marcia rialzista. Infatti il CPI americano, atteso all'8.3%, è salito ahinoi all'8.6%.
Iniziamo a percepire che anche le Banche Centrali stanno entrando in affanno ed incrociano le dita nella speranza che prima o poi si possa almeno affermare che si è raggiunto il picco di questo rincaro; ma a quanto pare ancora non ci siamo. In queste condizioni la comunicazione, importantissima, si fa difficile ed incerta e i mercati ipersensibili ritornano ad essere eccessivamente volatili.
Ma procediamo con ordine.
La settimana, causa la chiusura di lunedì, è stata di quelle corte. Fino a Mercoledì ci siamo messi vagamente sulla difensiva in attesa della comunicazione della BCE di giovedì e dell‘attesissimo CPI americano di venerdì. Finalmente alle 14:30 di giovedì la Lagarde prende la parola, lascia i tassi invariati ma a luglio e settembre si sale: tutto come da programma. Ma durante la sessione delle domande dei giornalisti, a seguito delle sue risposte, vien giù di tutto: borse, cambi, obbligazioni ed il famigerato spread Btp-Bund (233 bps!) quello no, non vien giù, ma sale e va fuori controllo.
Abbiamo chiesto al nostro responsabile del Forex di commentare quanto è successo in quanto è la persona che più di tutte è abituata a vivisezionare l'attività e le parole della BCE. Condividiamo la sua risposta con voi, una risposta che mette il dito su di una ferita e che si commenta da sola:
"L’attesa riunione della BCE, che ha comunicato l‘intenzione dopo ben 11 anni di alzare i tassi per combattere inflazione, si è rivelata uno degli autogol più clamorosi degli ultimi tempi.
Madame Lagarde ci ha abituato, durante il suo mandato, ad un eloquio più da burocrate che da economista, elequio che lascia spesso (troppo) spazio a fraintendimenti. Il ruolo del banchiere centrale, non lo si scopre solo oggi, e' molto delicato. Deve essere abilissimo nel padroneggiare contemporaneamente la raffinata arte dell'affermare e del sottointendere in un contesto ove la credibilità delle parole pronunciate e di quelle volutamente omesse devono stare in un perfetto equilibrio.
Madame Lagarde giovedì e' sembrata più un elefante in una cristalleria: ad ogni sua sbavatura i mercati cannoneggiavano da ogni fronte. In teoria il mercato era pronto a questa comunicazione (tassi al rialzo) ma il non aver soppesato il tema fondamentale dell'armonizzazione dei rendimenti in una Unione Monetaria con situazioni debitorie parecchio differenti ha fatto crollare il btp italiano (ma non solo quello italiano), i mercati azionari europei, l'Euro e tutto in un colpo solo.
Sarebbe servito esattamente il contrario: contrarre gli spread tra paesi, rafforzare l'euro ( per abbassare l'imported inflation ) e far scendere un pochino la volatilità sui mercati che rimane alta da parecchio tempo. Questo dimostra come anche i nostri policy makers non dispongono della bacchetta magica e non sono infallibili come non lo siamo noi operatori.
Il policy mistake, dal mio punto di vista, dovrà essere in parte corretto introducendo una norma salva spread ormai ineludibile dopo le emissioni comuni di eurobond.
Le banche centrali hanno incentivato per anni la creazione d'inflazione che è rimasta costantemente sotto target: purtroppo l'avvento del Covid e della guerra ucraina hanno creato gli ingredienti per una esplosione della stessa e che viene alimentata soprattutto da fattori non monetari. Sfortunatamente le armi in mano ai banchieri centrali per per combatterla non sono quelle adeguate. Infatti Lagarde e Powell non possono "stampare" più materie prime o containers marittimi per cercare di alleviare i colli di bottiglia. A questo punto possono solo decidere se dare la priorità alla lotta all'inflazione oppure se rinunciare alla crescita dell'economia: pretendere di mantenere le due cose in un perfetto equilibrio, sospetto, sarebbe chiedergli troppo..."
Quello che a noi sembra chiaro è che per il momento le banche centrali hanno decisio di combattere l'inflazione aumentando i tassi di interesse. Quello che non è ancora chiaro è cosa significa per le aziende (soprattutto quelle parecchio indebitate) il ritiro della liquidità ma sospettiamo che saranno costrette ad una revisione degli utili al ribasso a meno che non vogliano tentar la via di scaricare sulle spalle dei consumatori le conseguenze del rialzo tassi. Consumatori che pure loro iniziano ad essere in affanno: sentite cosa hanno scritto gli amici del CS a tal proposito:
"il tasso di risparmio è in calo, l'uso della carta di credito è in aumento, i prezzi pure, i salari reali sono in calo ed il sentimento dei consumatori continua ad essere in caduta libera. Pensate ancora che saranno i consumatori a tenere in vita l'economia statunitense nel 2022?!" In effetti pare difficile.
Nel frattempo Bridgewater, il più grande Hedge Fund al mondo, ha iniziato a scommettere pesantemente sull'insolvenza delle aziende americane ed europee shortando a piene mani. Sono convinti che il repentino aumento dei tassi renderà molto costoso il rifinanziamento dei debiti societari e ci rammentano che ci sono 6000 miliardi di $ in obbligazioni, in gran parte a breve termine, che devono prossimamente essere rifinanziate... Qualche nodo rimarrà sicuramente nel pettine!
Il rendimento del Treasury a 10 anni è risalito al 3.15...
...e sta ri-trascinando il dollaro al rialzo.
...mentre euro/chf e gbp/chf sono fondamentalmente ancora laterali.
Non riusciamo a toglierci dalla testa che prima o poi anche lo S&P500 dovrà concludere il ritracciamento iniziato a dicembre dello scorso anno attorno ai 3550 punti. I rebounds osservati nelle scorse settimane si iscrivono comunque in uno scenario di medio periodo che rimane fondamentalmente ribassista.
La pecora nera della settimana è stata di certo la borsa italiana anche a causa della notevole sotto-perfomance del settore bancario che ha in pancia un bel po' di debito italiano; settore che si è schiantato dopo le parole della Lagarde.
Ovviamente anche il Nasdaq soffre il rialzo dei rendimenti del Treasury... è tornato sotto gli 11'500 e sarà interessante, dal momento che il ritracciamento l'ha già compiuto, vedere se nei prossimi giorni tiene questi livelli oppure darà il via ad una nuova stagione di ribassi. Se i gestori di Bridgewater hanno ragione non possiamo escludere che per parecchie società che compongono questo indice stanno arrivando tempi non facilissimi. Diciamo che per rientrare nel tecnologico c'è sempre tempo, quindi lasciamo via libera solo agli speculatori.
Anche la borsa svizzera non ha ben digerito la storia dei tassi europei... siamo ritornati con una certa prepotenza nel canale ribassista che ha caratterizzato la nostra borsa a partire del mese di aprile. La correzione putroppo è avvenuta con volumi piuttosto elevati (siamo in tanti ad essere un po' shekerati dalla situazione dell'economia mondiale). Le medie mobili puntano al ribasso mentro l'unico barlume di speranza lo fornisce un RSI a 30 segnalandoci un ipervenduto che potrebbe essere il punto di partenza di un rimbazo tecnico... ma lo verificheremo domani mattina!
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