domenica 10 dicembre 2023

In attesa delle Banche Centrali...

 Quando la scorsa domenica avevamo finito di scrivere i nostri Appunti, stavamo pensando che la settimana entrante sarebbe stata una di quelle interlocutorie in attesa della successiva, ben più importante, in quanto avremo una serie di appuntamenti con le ultime sessioni annuali delle Banche Centrali.  Di norma fanno il punto della situazione e ci forniscono un assaggio di cosa si aspettano per l'anno nuovo. Vi ricordiamo che il 12.12  verremo a sapere qualche cosa di più sullo stato dell'inflazione americana: è attesa al 3% (precedente:3.2%) mentre la core inflation dovrebbe assestarsi al 4% (precedente: 4%).  Il giorno dopo, 13 dicembre, la FED ci farà sapere con ogni probabilità che i tassi non li alzerà e analizzeremo con interesse l'ultimo dot plot dell'anno dal quale ci aspettiamo qualche suggerimento utile per affrontare il 2024. Il 14.12 sarà il turno della BCE, della nostra BNS e, per chi ha ancora dell'interesse, sapremo cosa frulla in testa alla BoE... 

 Per quanto riguarda la settimana che sta per finire,  limiteremo le nostre osservazioni all'essenziale: commenteremo alcuni dati macro che confermano gli scenari che stiamo disegnando da qualche settimana. I mercati azionari ed obbligazionari, entrambi tecnicamente in iper-comprato, sono stati poco tonici eccezion fatta per quelli europei che,  sul finire della settimana , ci hanno omaggiato di un piccolo pensiero pre-natalizio.

Ma diamo rapidamente un'occhiata a qualche dato macroeconomico partendo da quelli americani:

Il 4.12 gli ordini di fabbrica per il mese di ottobre hanno subito una bella frenata: -3.6% (atteso: -3.5%; precedente: +2.8%) confermando quanto si poteva dedurre dalle previsioni non proprio esaltanti dei CEO e CFO di molte aziende che si aspettano un quarto trimestre piuttosto debole che apre la strada a scenari che annoverano un calo della crescita economica americana seguiti da una coerente e probabile riduzione degli investimenti aziendali. Quando parleremo delle previsioni per il 2024 ne dovremo tenere conto.

Il 5.12 veniamo a sapere che le offerte di posti di lavoro per il mese di ottobre sono in calo: dai 9.4 mio di settembre si è passati ai 8.7 mio di ottobre. Sono sempre un sacco di posti di lavoro vacanti ma in generale, una loro diminuzione,  segnala la preoccupazione per il futuro che vige all'interno delle imprese e può impattare negativamente l'umore dei consumatori.

Un altro dato da non sottovalutare, pubblicato il 7.12,  è quello del credito al consumo per il mese di ottobre che si attesta a 5.2 miliardi di dollari (atteso: 8mia; precedente: 12.2mia). La frenata è abbastanza evidente e potrebbe in effetti essere la risposta alle preoccupazioni degli americani per il futuro della loro economia che è attesa in rallentamento. Sappiamo che i risparmi sono drasticamente diminuiti ed ora pure la tendenza ad indebitarsi sta frenando. A sostenere i consumi rimangono gli impieghi che, per il momento, sembrano non accennare a diminuire ma potrebbe essere solo una questione di tempo...

Venerdì 8.12 catturiamo due dati proprio relativi allo stato di salute dell'occupazione per il mese di novembre: i nuovi posti di lavoro non agricoli salgono a 199k unità (atteso: 180k; precedente: 150k) mentre la disoccupazione generale si attesta al 3.7% (atteso: 3.9; precedente: 3.9%). Sembrano dei buoni dati,  ed in effetti lo sono,  ma ad una analisi di dettaglio si scopre una realtà meno brillante. Ad approfondire i numeri ci ha pensato il capo analista di Capital Economics e noi prendiamo in prestito le sue considerazioni:

"L'aumento di 199.000 unità nell'occupazione salariale di novembre comprendeva 47.000 lavoratori reduci da scioperi (30.000 membri UAW e 17.000 membri SAG Aftra). Se si esclude questa spinta una tantum, l'aumento di 152.000 unità è stato più o meno uguale a quello di ottobre. Inoltre, di queste 152.000 unità, 49.000 erano posti di lavoro statali e altre 77.000 nell'assistenza sanitaria. Escludendo questi settori non ciclici, l'economia ha aggiunto solo 26.000 posti di lavoro, il che si aggiunge all'evidenza che, dopo un terzo trimestre molto forte, la crescita sta rallentando nel quarto trimestre. Il calo di 38.000 posti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio è particolarmente preoccupante, vista la recente debolezza dei dati sulla spesa utilizzando le carte di credito".

Insomma, come al solito il diavolo si nasconde nei dettagli e ci sembra chiaro che, al di là delle apparenze,  una forma di contrazione economica è in corso; va comunque sottolineato che quasi tutti gli analisti parlano di rallentamento, escludendo per il momento una vera e propria recessione. 

Anche in Europa sono stati pubblicati alcuni dati interessanti:

il 4.12 annotiamo che l'inflazione in Svizzera per novembre si attesta all'1.4% (atteso: 1.7%; precedente: 1.7%).  Non avevamo grossi dubbi che dalle nostre parti il rincaro fosse già parecchio sotto il 2%. Va comunque annotata qualche polemica in merito all'effettivo calcolo dell'inflazione nel nostro paese dove, a detta di parecchi economisti,  il paniere non è proprio rappresentativo... soprattutto i costi della salute non sono correttamente considerati: se lo fossero, il nostro rincaro sarebbe qualche frazione di punto sopra il 2%.

Le difficoltà dell'economia tedesca si manifestano anche osservando i dati delle immatricolazioni di nuove auto pubblicati il 5.12: con un -5.7% (precedente: +4.9%) è chiaro a tutti dove sta una parte dei problemi dei tedeschi...

Il 6.12 il quadro economico tedesco si appesantisce con gli ordini di fabbrica per il mese di ottobre che segnano un -3.7% (atteso: 0.2%; precedente: 0.7%). Il segnale è di quelli che preoccupano!

L'Europa invece vede le vendite al dettaglio per il mese di ottobre scendere del -1.2%  (atteso: -1.1%; precedente: -2.9%) Un pochino meglio del precedente ma abbiamo sempre un segno meno davanti...

Terminiamo con l'inflazione tedesca per il mese di novembre che si attesta al 3.2% (attesa: 3.2%; precedente: 3.8%). Saremmo stati un po' sorpresi e confusi se il rincaro tedesco fosse salito. E' ancora alto ma per lo meno sembra essersi stabilizzato.



E' abbastanza chiaro che se gli americani non sono messi benissimo, noi europei siamo messi pure peggio e si capisce meglio come mai il mercato sta scontando 6 tagli ai tassi per il 2024 equivalenti a circa l'1.5%. Significa che gli investitori hanno piena fiducia nelle capacità della BCE di traghettare l'inflazione verso quel 2% che ancora oggi è il target ufficiale e nel contempo ritengono necessari almeno 6 tagli ai tassi per dare fiato ad una economia che, come abbiamo visto dai dati appena pubblicati, sta annaspando. Se il mercato sembra avere le idee in chiaro,  ammettiamo che le nostre non sono proprio cristalline: riteniamo che il numero di tagli ai tassi, che a questo punto sembrano inevitabili,  sono correlati alla profondità della recessione economica che ad oggi non ci è ancora pervenuta; per il momento da gestire c'è un rallentamento e non sappiamo quanti tagli servono per tenerlo sotto controllo senza riavviare la macchina inflattiva.



Sta di fatto che il mercato non sta attendendo i primi tagli prima di cominciare a comprare obbligazioni e come al solito gioca d'anticipo;  risultato: i rendimenti scendono. Nel grafico vediamo le rese del Bund tedesco a 2 (linea rossa) e 10 anni (in nero) che stanno puntando piuttosto rapidamente al ribasso. Noi, qualche obbligazione un po' più lunga la stiamo comprando. Senza esagerare: il mercato non sempre ha ragione...



Sulla scia di un mercato obbligazionario piuttosto tonico,  ci fa senz'altro piacere annotare un mercato azionario europeo anch'esso ben posizionato. L'Eurostoxx50 (+19.23% ytd) ha messo a punto una performance settimanale del +2.76% sfruttando la spinta fornita dal definitivo superamento della resistenza dei 4'400 punti. Eravamo abbastanza sicuri che una volta superato questo ostacolo ci sarebbe stata una reazione positiva (guardate quanti tentativi ha fatto per andare oltre, senza riuscirci, indicati dalle frecce rosse). Se non ci sarà qualche scherzo imprevisto da parte della BCE giovedì prossimo e/o l'evidente stato di ipercomprato che potrebbe avviare qualche presa di profitto, ci azzardiamo a prevedere che nelle prossime settimane potrebbe raggiungere i 4'600 punti portando ben oltre il 20% la performance del 2023. Dita incrociate!


Anche il mercato svizzero ha approfittato del buon momento delle borse europee permettendo allo SMI (+3.19% ytd) di continuare il suo recupero favorito da un parziale risveglio di Roche e di qualche altro titolo di un certo peso. Tecnicamente confermiamo il trend di breve termine (canale tratteggiato) che è rinforzato dall'attraversamento al rialzo (crossover rialzista) di praticamente tutte e tre le medie mobili a 50, 100 e 200 giorni. Sappiamo che le medie mobili sono indicatori ritardatari e non predittivi ma comunque fa piacere constatare che il trend del nostro mercato sembra guadagnare forza da questo crossover. Ad onor del vero dobbiamo segnalare dei volumi in leggero calo (freccia viola) e probabilmente ci sarà da gestire un quasi ipercomprato; comunque eventuali correzioni non preoccupano più di tanto se saranno di lieve entità. A breve è importante restare all'interno del canale rialzista (quello tratteggiato per intenderci)



Meno brillante è stata la settimana per le borse americane che praticamente hanno quasi marciato sul posto. Lo S&P500 (+19.92% ytd) è alle prese con una resistenza a 4'600 punti che per il momento non sembra essere in grado di superare... lo stato di ipercomprato non aiuta. Probabilmente gli investitori stanno attendendo il dato sull'inflazione di martedì e soprattutto saranno molto curiosi di vedere cosa farà e dirà la FED mercoledì. Di grande interesse sarà pure il Dot Plot dove (forse) capiremo meglio come vedono il futuro dei tassi americani i 12 rappresentanti del Federal Open Market Committee. Per il momento è difficile aggiungere altro. Come si dice dalle loro parti: wait and see.


Discorso molto simile anche per il Nasdaq (+37.62% ytd) che ha vissuto una settimana piuttoso incolore. Se c'è in indice che ha tutto l'interesse di vedere cosa succederà mercoledì prossimo è proprio quello tecnologico che come ben sappiamo è piuttosto sensibile al discorso tassi di interesse. Parecchie aziende di questo settore sono molto indebitate ed una possibile riduzione dei tassi nel 2024 sarebbe oro che cola. E' facile comprendere come il Dot Plot in questo caso assume un'importanza quasi strategica.

Nel frattempo non possiamo ancora escludere che il Nasdaq possa fare un ritracciamento fino ai 14'000 punti prima di ripartire (freccia verde) e se qualche cosa dovesse andare veramente storta non escludiamo che si possa addirittura andare a chiudere quell'evidente buco (gap rialzista) che si è creato attorno ai 13'700 punti. 



Per concludere due parole sull'oro: come avevamo pensato il golden cross delle medie mobili (freccia verde) ha dato la spinta al metallo giallo per issarsi al suo record storico a 2'152$ per oncia (freccia rossa). Il record è durato poco in quanto le prese di profitto sono state istantanee ma comunque la strada è tracciata ed il ritorno ai 2000$ per oncia non significa ancora che il trend si sia inceppato. Anche in questo caso la riunione della FED può giocare un ruolo importante e se effettivamente siamo pronti per dei tagli ai tassi nel 2024 la corsa all'oro potrebbe continuare...  


Godiamoci la domenica e pronti a ballare a partire da martedì prossimo!

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