domenica 31 marzo 2024

Fine primo trimestre

 Non sappiamo se ve ne siete accorti (noi no!) ma il primo trimestre del 2024 è già al capolinea, quindi può essere utile stilare un primo bilancio e, se necessario, dare una spolverata alle previsioni che avevamo fatto ad inizio anno.

In linea generale è fuor di dubbio che la finanza di mezzo mondo è stata influenzata dal vivace dibattito attorno al destino dei tassi d'interesse, dibattito che non accennerà a diminuire fino a quando le banche centrali più importanti, FED e BCE in testa,  non si saranno decise ad avviare un processo di diminuzione del costo del denaro, processo che, almeno nelle aspettative, ha subito delle ragguardevoli riduzioni per quanto riguarda la frequenza e l'entità dei tagli. Come vedremo dopo le ripercussioni, soprattutto nei comparti del reddito fisso e in quello dei cambi, sono evidenti. 

E' andata invece di lusso per quanto riguarda il comparto azionario che ha ben sfruttato il momentum che ha preso avvio lo scorso anno e che addirittura ha mostrato segni di accelerazione in questo primo trimestre, segni che apparentemente non si sono ancora esauriti o, meglio detto,  non abbiamo indizi tali che mettono in evidenza un rallentamento del trend in essere

Due sono i motori che alimentano questo movimento: a breve termine ci sono gli utili societari che trimestralmente rassicurano gli investitori, rassicurano in quanto con una certa costanza risultano sempre essere sopra le aspettative degli analisti; nel medio periodo la fantasia degli investitori è stimolata dalle grosse attese derivanti dal massiccio utilizzo dell'intelligenza artificiale che porterà ad una maggior efficienza operativa all'interno delle aziende e che tenderà a manifestarsi con un incremento dei margini di guadagno. 

Il rovescio della medaglia è che le  aziende hanno l'obbligo di continuare a produrre utili sopra le attese in quanto oramai, soprattutto in America, i multipli (P/E in primis) ci raccontano una storia fatta di quotazioni elevate e, per molte società, anche fin troppo elevate evocando scenari da bolla speculativa. Se si vuol continuare a giustificare questi multipli, e non c'è via di scampo, bisogna garantire la crescita degli utili anche perché l'altra strada, che mai vorremmo percorrere, ci porta dritti verso una riduzione delle quotazioni azionarie.

All'inizio dell'anno eravamo anche preoccupati per tutti i problemi di natura geo-politica che in abbondanza dominano le prime pagine dei giornali: per il momento, malgrado la loro gravità, non sembrano avere un influsso eccessivamente negativo sulle quotazioni. Evidentemente una sovraesposizione mediatica crea assuefazione...

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Ma iniziamo a parlare dei tassi e di cosa è successo al comparto del reddito fisso. Qui sotto riprendiamo la tabella del 14.01.24 concernenti le aspettative sul numero dei tagli che le banche centrali avrebbero fatto durante il 2024:

Secondo l'opinione del mercato la FED avrebbe dovuto tagliare i tassi di 25 basis points (bps) almeno 6 volte (152 bps) e lo stesso dicasi per la BCE (154 bps). Mentre la Banca Nazionale Svizzera si sarebbe limitata a 3 tagli (71 bps).

Tre mesi dopo la percezione del mercato è parecchio mutata:



I tagli ipotizzati dal mercato in USA si sono ridotti da 6 a 4 con una tendenza comunque che li porterà ad allinearsi con quanto comunicato fino ad oggi dalla FED che continua imperterrita ad annunciare, se tutto va bene, non più di 3 tagli. Il ciclo economico tutto sommato più che discreto ed un'inflazione appiccicosa impongono prudenza:

proprio giovedi è stata resa pubblica la seconda revisione del PIL americano dell'ultimo trimestre 2023:
  • PIL 4 trim. 2023 (seconda revisione): 3.4% (atteso: 3.2%; precedente: 3.2%)
...dove il 65% di questa crescita è da attribuire ai consumi degli americani che evidentemente continuano a fare quello che gli riesce meglio: spendere. Il dato non sarà piaciuto a Powell ma non ne abbiamo le prove...

Altro dato divulgato venerdì pomeriggio è il PCE per il mese di febbraio, un indicatore seguitissimo dalla FED:
  • Spese per consumi personali (feb): 2.5% (atteso: 2.5%; precedente: 2.4%)
Dopo la pausa ribassista del mese di gennaio (comprensibile,  considerati i tradizionali ingenti consumi personali legati alle festività di fine anno) questo indice ha ripreso a salire... Non bello in ottica inflazione.
Il PCE è uscito a mercati chiusi per festività: vedremo come accoglieranno il dato lunedì ma non crediamo benissimo... Comunque Powell sembra non essere scontento del dato e questa volta le prove le abbiamo: "E' bello sapere che il PCE è uscito in linea con le nostre aspettative" ci ha fatto sapere,  ma non sembra che sia il commento di uno che non stia più nella sua pelle... Comunque meglio di niente. 

Purtroppo a gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Chris Waller, un influente governatore della Federal Reserve,  che ha risposto ad una domanda inerente l'inizio delle operazioni del taglio ai tassi con un eloquente quanto disarmante: "Non c'è fretta"... una vera mazzata da falco come l'hanno commentata alcuni attenti osservatori!

Per quanto riguarda invece l'Europa, considerata una certa gravità dello stato di salute dell'economia continentale e soprattutto grazie ad una inflazione che sembra effettivamente rivolta definitivamente al ribasso, inizia a farsi strada la necessità di maggiori tagli rispetto agli USA: dai 6 di inizio anno (154 bps)  si è scesi a 4 (115)  ma con tendenza al rialzo. Primo taglio a giugno? Probabile. Ne sapremo comunque qualche cosa di più (speriamo...) giovedì 11 aprile quando la BCE si riunirà.

A proposito d'inflazione: il  29 marzo, la Francia ha rilasciato i dati sul rincaro:
  • CPI Francia yoy (marzo): 2.3% (atteso: 2.6%; precedente: 3%)
Il dato conferma una tendenza di base che vede un po' in tutta Europa il ridursi del fenomeno inflattivo. Da un lato è certo una buona notizia, soprattutto in ottica tagli ai tassi, dall'altro la velocità con la quale sta scendendo (dal 3% al 2.3% è una diminuzione notevole) potrebbe essere sinonimo di una  situazione che a livello economico si sta veramente deteriorando. Sarà così anche negli altri paesi membri dell'EU? E' piuttosto verosimile...

L'unica banca centrale che si è potuta permettere il lusso di fare quello che vuole (ups... quello che è meglio fare per il benessere del Paese) è la BNS: dei 3 tagli previsti ad inizio anno, uno è già stato sganciato. Si prenderà ora del tempo per vedere le reazioni sul franco e sull'inflazione e poi deciderà verosimilmente di procedere con un altro taglio. Per il terzo non c'è fretta e vedremo se arriverà.


Tutto questo tira e molla riguardanti le aspettative sul futuro taglio ai tassi per il momento non sta giovando al settore obbligazionario e questo non ci piace più di tanto: le obbligazioni nei nostri depositi, che non sono poche, languono. Non fanno danni ma contribuiscono in maniera esigua all'evoluzione positiva della performance come testimoniato dai due indici obbligazionari total return assemblati da Bloomberg. 

Rammentiamo che un indice obbligazionario total return tiene conto sia dei rendimenti derivati dagli interessi pagati dalle obbligazioni che del guadagno o della perdita di capitale dovuto alle variazioni dei prezzi e fornisce quindi una rappresentazione più completa del rendimento totale ottenuto da questo genere di investimento.


Le obbligazioni in dollari non hanno certo brillato da inizio anno: è comprensibile. Se le attese per i tagli ai tassi, che notoriamente sono un toccasana per le quotazioni delle obbligazioni già emesse, continuano ad essere decurtate, il risultato non può che essere quel -2.07% mostrato dal grafico. 

Non vogliamo essere (troppo) negativi ma vi rammentiamo che per il momento il mercato sconta circa 3 tagli ma si sta facendo strada con una certa insistenza un'ipotesi che prevede zero tagli (!) per il 2024: questa ipotesi NON è ancora contemplata dal mercato ma se lo fosse non è difficile capire che il comparto verrà ulteriormente sanzionato. Speriamo di non dover affrontare uno scenario simile ma comunque per il momento non stiamo esageriamo con l'allungo delle scadenze sul dollaro.



Il mercato
obbligazionario in euro va un pochino meglio: è praticamente piatto da inizio anno ed è in posizione attendista. Certo la probabilità di un taglio a giugno, come ha lasciato velatamente intendere la BCE, non è totalmente improbabile: è sempre più chiaro che la Lagarde deve agire prima di Powell e vedremo se ne avrà il coraggio. L'appuntamento con la BCE è come detto per giovedì 11 aprile dove però non ci attendiamo nessun taglio. Siamo comunque curiosi di ascoltare la Lagarde.

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Difficile trovare le parole giuste per elogiare la performance di una buona parte dei mercati azionari mondiali: molte borse hanno raggiunto in 3 tre mesi (vedi %Ytd) quello che doveva essere il risultato di un anno intero di quotazioni! Troppo?

Certo che le quotazioni soprattutto in America sono alte, ma all'inizio del nostro intervento abbiamo anche cercato di spiegare il perché di questo boom che sembra non aver fine. E' una situazione che ci rimanda indietro di un quarto di secolo, quando il fenomeno internet muoveva i primi passi e non si capiva ancora bene dove ci avrebbe portato e quanto in profondità avrebbe stravolto la nostra esistenza. Ma oggi un'idea di dove ci potrebbe portare l'intelligenza artificiale l'abbiamo e giustifica in gran parte perché nessuno vuol scendere dalla giostra dei mercati azionari...

Ma per quanto sia bello andare in giostra, prima o poi bisognerà scendere: per sapere quando, può essere utile gettare un'occhiata ai Price/Earning.(P/E). 

Per pigrizia abbiamo chiesto a ChatGPT, che ha il dono della sinteticità, di fornirci una semplice spiegazione di cosa sia il P/E del mercato:

"Il P/E di un mercato è il rapporto tra il prezzo medio delle azioni quotate in quel mercato e il guadagno medio per azione delle società quotate in quel mercato. Indica quante volte il guadagno medio di una società è rappresentato dal prezzo medio delle azioni nel mercato.

In altre parole, un P/E più alto suggerisce che gli investitori stanno pagando di più per ogni unità di guadagno, mentre un P/E più basso suggerisce che gli investitori stanno pagando meno. Il P/E può essere utilizzato per valutare se il mercato è valutato in modo relativamente alto o basso " soprattutto , aggiungiamo noi, paragonando il valore attuale del P/E con il P/E medio degli ultimi 10 anni. Per intenderci: la media decennale dei P/E dei mercati europei che prendiamo settimanalmente in considerazione è attorno alle 16/17 volte gli utili; idem per lo S&P500 mentre bisogna calcolare circa 35 volte per il Nasdaq.


Fa quindi specie vedere lo S&P500 quotato 25.5 volte gli utili così come non ti lascia indifferente le quasi 49 volte gli utili per il Nasdaq. Diciamo che un campanello d'allarme inizia a suonare.

Musica leggermente diversa per i mercati europei che, malgrado delle performances all'americana, in fatto di P/E sono piuttosto in linea con la media decennale. Fa specie osservare quello del mercato Italiano (FTSE MIB) che malgrado dal 2023 sia una delle migliori borse a livello europeo ha ancora un P/E di 9.83 che lascia intendere che nei confronti dei cugini di strada da recuperare ce n'è ancora... 

A livello di P/E nel nostro continente non c'è molto da preoccuparsi ma ovviamente sappiamo benissimo che la correlazione con i mercati americani è stretta e quindi un po' di apprensione inizia a farsi sentire.


 L'algoritmo di Ned Davis preconizza una correzione durante il mese di maggio: stiamo per entrare in quello di aprile e a metà mese inizierà la stagione di pubblicazione degli utili del primo trimestre 2024. Di certo dovremo prestare più attenzione del solito: basta un passo falso di qualche membro dei M7 o degli outlook poco incoraggianti per avviare delle consistenti prese di profitto magari anche prima di arrivare al mese di maggio. 
Rammentiamo, in primis a noi stessi, che Factset (un'efficiente società di servizi finanziari) ha appena ridotto le aspettative di crescita degli utili per lo S&P500 che passa da un + 5.7% di inizio anno ad un più modesto +3.4% di recente pubblicazione: non è un dimezzamento ma poco ci manca e se Factset ha ragione il mercato non sembra pronto ad accettare una simile riduzione. A dir  la verità è probabile che il mercato se ne renda conto ma per il momento la testa è voltata dall'altra parte.

Prendiamo per un attimo in considerazione due parametri: il VIX e il Put/call ratio.


Per intendere meglio quello che vogliamo dire, bisogna sapere che il VIX (il famoso indice della paura) è la rappresentazione della volatilità implicita del mercato per i prossimi 30 giorni. NON è quindi una misura della volatilità attuale ma è una previsione degli attori del mercato dei derivati di quella che potrebbe essere la volatilità  attesa per lo S&P500 fra un mese. 
Il grafico è piuttosto eloquente: gli operatori non si aspettano movimenti di rilievo tanto da metterli in pre-allarme. E' vero che basta poco per far cambiar loro idea ma comunque, se osservate la freccia rossa, in termini di "paura futura percepita" siamo quasi ai minimi dell'anno. Insomma sembra tanto uno scenario alla  "Don't Worry be Happy!" (copyright: Bobby McFerrin)



L'indice put-call ratio è invece un buon indicatore del sentiment del mercato riguardo al futuro movimento dei prezzi. Tecnicamente lo si calcola prendendo il numero di contratti put (diritti di vendita) e lo si divide per i contratti call (diritti di acquisto) che vengono scambiati prendendo soprattutto come attivo di base l'indice S&P500. In condizioni normali il rapporto tra put e call si situa attorno allo 0.65,  ciò significa che vi sono di norma più acquisti di call che non di put che notoriamente sono lo strumento con il quale ci si assicura dalle fluttuazioni al ribasso. Un netto aumento dell'acquisto di put (come ad esempio nel dicembre 2022 o nel settembre 2023) ci fornisce una buona immagine dello stato d'ansia degli investitori. 
Il cerchio verde evidenza la situazione attuale:  di ansia se ne vede poca e non ci sembra che sia in atto una corsa ad assicurarsi dai ribassi. Insomma, se a maggio una correzione deve arrivare, come ci suggerisce Ned Davis, l'assicurazione la compri adesso che costa poco. Chi di voi farebbe una assicurazione contro gli incendi quando la casa brucia? 

Attenzione: con questo non vogliamo dire che la correzione a maggio non ci sarà... diciamo che per il momento la situazione ci sembra fin troppo calma... Dal 12 di aprile in poi, man mano che i risultati del primo trimestre verranno pubblicati ne sapremo qualche cosa di più. Comunque se vi è venuta voglia di assicurarvi, parliamone...

Ma gettiamo la solita occhiata agli indici:



"The trend is your friend!" è una delle regole auree degli analisti tecnici e mai come in questi primi tre mesi dell'anno siamo stati contenti di averne fatto tesoro. Quando un mercato in 6 mesi è cresciuto di quasi il 30%, razionalmente ti viene una gran voglia di portare a casa gli utili e prima o poi bisognerà farlo. Ma fino a quando lo S&P500 (+10.16% ytd) rimane all'interno del suo canale rialzista (vedi freccia verde) bisogna avere il coraggio di restarci.
Come abbiamo già sottolineato per il momento il mercato sconta 3 tagli ai tassi da parte della FED ma se per delirio d'ipotesi la FED per quest'anno di tagli sarà restia a farne, allora del cambiamento del trend ce ne accorgeremo senza ombra di dubbio. Idem se i risultati societari, che prenderanno avvio tra un paio di settimane, saranno anche solo parzialmente deludenti. E' chiaro che ad ogni aumento, cresce pure il nostro stato di vigilanza ed ai primi segnali negativi non staremo di certo a farci delle domande se dobbiamo uscire o restare dentro...


Discorso praticamente identico per il Nasdaq: ai primi segnali di cambiamento del trend si esce se non proprio a gambe levate,  quasi...



Se non esistesse una correlazione diretta tra le borse europee e quelle americane saremmo più tranquilli. Abbiamo visto che malgrado la scalata di sesto grado dell'Eurostoxx50 (+12.43% ytd) il P/E è ancora decente, ma se continuerà di pari passo, non dovremo attendere troppi mesi prima di ritrovarci con l'Europa sopravvalutata. Inoltre, tecnicamente parlando, il canale di scorrimento dell'attuale trend è molto più stretto di quello del cugino S&P500 e quindi basta poco per generare un segnale che ci obbligherà a reagire. Molto dipenderà anche dalle parole della Lagarde di giovedì 11... se sarà accomodante la pressione potrebbe anche diminuire per il benessere delle coronarie di tutti noi.


Per quanto riguarda lo SMI (+5.32% ytd) il suo percorso è più accidentato degli altri ma comunque anche il suo trend sta puntando verso l'alto pur intervallato da momenti di consolidamento.
A tal proposito ci sembra di aver individuato un triangolo simmetrico ascendente (in verde a ridosso degli 11'600 punti)  che ci indica come per il momento lo SMI si sia preso una piccola pausa.  Di norma, ma come al solito non ve n'è certezza, un simile triangolo tende ad essere forato verso l'alto in modo da riprende il percorso rialzista. Sarebbe bello... i 12'000 punti non sono lontani...

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Parlando di cambi, quello che sembra piuttosto chiaro è l'indebolimento del franco svizzero contro quasi tutte le valute, indebolimento che era iniziato ancora prima che la BNS si decidesse a tagliare i tassi:


Il dollaro contro franco nei primi tre mesi di quest'anno si è rivalutato di oltre il 7% e se Powell si ostinerà, come sembra, a prendere tempo prima di decidersi a tagliare i tassi, la sua rivalutazione potrebbe continuare ancora per un po'. Noi saremmo contenti di vedere quota 0.92 nelle prossime settimane. Quello che accadrà dopo non è facile da individuare.


Più delicata la posizione dell'euro contro franco: anche la moneta europea si è apprezzata del 4.5%. In settimana abbiamo visto anche i 0.98 centesimi per poi correggere piuttosto vistosamente venerdì ma potrebbe anche essere stato l'effetto della chiusura di una buona parte dei mercati per le festività pasquali che hanno reso il mercato poco liquido. 
Se lunedì dovesse continuare la correzione sarà interessante vedere se quest'ultima si fermerà sul supporto a 0.9690... E' chiaro che questa parità è nelle mani della BCE: se l'11 di aprile la Lagarde lancerà un segnale piuttosto accomodante nei confronti di un taglio per il mese di giugno prepariamoci, per chi pensa in chf,  a sganciare un po' di euro.



E' un discorso che vale anche per la parità euro/dollaro: per quanto lo spostamento è ancora chiaramente laterale, in settimana il dollaro ha guadagnato qualche posizione e se la Lagarde sarà accomodante non faremo fatica a vedere nelle prossime settimane un dollaro a 1.0550.


Buona Pasqua !



domenica 24 marzo 2024

Brava BNS !



A quanto pare, se molte mani incrociano le dita con una certa convinzione, ogni tanto un miracolo lo si ottiene! E' quello che è successo giovedì 21 marzo quando, sotto la pressione di un franco (troppo) forte, di prospettive tutt'altro che rosee per il settore industriale e soprattutto grazie ad un'inflazione rivista al ribasso non solo per quest'anno ma anche per gli anni a venire (24: 1.4%; 25: 1.2%; 26: 1.1%) la Banca Nazionale Svizzera (BNS), un poco a sorpresa (le probabilità non andavano oltre il 40%) e prima di tutte le altre Banche Centrali,  ha tagliato di un quarto di punto i tassi di riferimento che passano dall'1.75 all'1.50%. 

Ancora una volta la BNS si è mostrata molto indipendente e capace di prendere decisioni quando il contesto macro-economico lo impone e di questo bisogna dargliene atto! Se non si prendeva ora questa decisione di tagliare si sarebbe dovuto aspettare la fine del prossimo trimestre ma altri tre mesi di attesa sono stati giudicati da Jordan evidentemente un periodo troppo lungo. 

Da un lato questa mossa ci autorizza ad essere un pochino più ottimisti per il futuro della nostra economia ma allo stesso tempo è sinonimo che qualche cosa non sta girando come dovrebbe e la cosa non deve essere presa sottogamba. Per quest'anno ci sono ancora due tagli all'orizzonte e speriamo che saranno sufficienti per dare un po' di fiato all'economia svizzera.


Nel frattempo i rendimenti del franco sono orientati al ribasso e probabilmente questo movimento continuerà per i prossimi mesi. Oramai Jordan ha mostrato in quale direzione dobbiamo muoverci e nei prossimi giorni, anche se un po' di lavoro è già stato fatto,  vedremo come intervenire nei portafogli soprattutto in ambito obbligazionario.

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La settimana che sta per terminare è stata carente di dati macroeconomici ma a colmare il vuoto ci hanno pensato non solo la BNS ma pure le altre Banche Centrali:

  • Il 19 marzo la Bank of Japan decide, un pochino a sorpresa, di dare un taglio dopo 17 anni alla politica dei tassi negativi avviata per combattere il pericolo deflazionistico e annuncia un aumento che porta il tasso di riferimento dal -0.1% all'interno di una forchetta che va dallo 0% allo 0.1%. Certo che se paragoniamo i nuovi tassi con quelli applicati dalle altre banche centrali si fa fatica a pensare che quella Giapponese sia in procinto di mettere definitivamente sotto naftalina la Negative Interest Rate Policy (NIRP), definita da alcuni economisti come "l'idea più stupida partorita dall'economia", ma diciamo che per la mentalità giapponese questo è un primo consistente passo che mira al ritorno verso una certa normalità coadiuvata pure da una deflazione che inizia a trasformarsi in inflazione e che sta convincendo le aziende a concedere, dopo innumerevoli anni di immobilismo, anche degli aumenti salariali... 
  • Mercoledì 20 la FED annuncia che i tassi rimango al loro posto e per il momento, come vedremo fra un istante, non ci sono molti cambiamenti di rilievo nel dot plot.
  • Giovedì 21 è anche il turno della Bank of England che malgrado una diminuzione dell'inflazione decide anch'essa di non decidere e lascia i tassi invariati al 5.25%... è abbastanza probabile che per allentarli anche la BoE attenda le mosse della FED e quindi fino a giugno non succederà un granché .
  • Cosa farà la BCE lo abbiamo già visto la scorsa settimana: la Lagarde sta cercando di tirare fino a giugno...


... e speriamo che non sia troppo tardi: i PMIs del settore manifatturiero europei sono in decontrazione (sotto il 50) e come sappiamo oramai fin troppo bene è soprattutto la Germania che preoccupa (linea nera) in quanto non riesce a venirne fuori...

Quindi sono aperte le scommesse se...



...la Lagarde, costretta in un qualche modo a ridare fiato alle economie europee, si muoverà prima di Powell.  Scusate se sembra fantafinanza ma in realtà con questa decisione c'è di mezzo la nostra crescita economica ed il nostro benessere come quello dei nostri portafogli...

Ma ritorniamo negli USA e vediamo cosa passa per la testa del Fomc e gettiamo un'occhiata al famoso dot plot: ogni punto sul grafico rappresenta la proiezione individuale dei membri con diritto di voto del FOMC ai quali è stato chiesto, in base alle loro personali opinioni, dove vedono il tasso d'interesse di riferimento alla fine dell'anno e per gli anni successivi:


Allo stato attuale i tassi di riferimento americani si situano tra il 5.25% ed il 5.50%. Sappiamo che l'inflazione è scesa ma non abbastanza per i gusti di Powell, l'economia non mostra segnali di cedimento evidenti, i salari crescono e la disoccupazione è a livello strutturale (più sotto di così è difficile che possa andare). Sappiamo anche che è un anno elettorale,  la qualcosa dovrebbe suggerire a chi è a capo della FED una certa prudenza... meno le cose cambiano, meglio è...  Ergo: per quest'anno 3 tagli sembran bastare (non si andrà sotto il 4.75% che è pur sempre un accidenti di tasso d'interesse). 

Bisognerà aspettare il 2025 per vederne altri 3 (il precedente dot plot ne calcolava 4) e si raggiungerà il 2.5%- 2.75%, che può essere considerato il nuovo tasso di interesse neutrale, solo nel 2026. Per intenderci gli economisti definiscono tasso neutrale quel livello che non stimola né inibisce l'attività economica ma la mantiene semplicemente in equilibrio. 

Ribadiamo: se l'America ambisce all'equilibrio in Europa le situazione è ben diversa e la Lagarde dovrebbe mettersi l'anima in pace e prendersi tutta da sola la responsabilità di azionare per prima il pulsante dei ribassi... non pensiamo che abbia alternative. 

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Come è facile immaginare la decisione della BNS ha contribuito all'indebolimento del franco svizzero:


Venerdì abbiamo visto la valuta americana infrangere per un istante la barriera dei 90 centesimi per poi chiudere la settimana leggermente sotto ma è chiaro che il grosso della spinta è arrivato giovedì mattina a ridosso della decisione della BNS. 
La media mobile dei 50 (linea viola) si è decisa ad incrociare quella dei 100 giorni (linea blu) come indicato dalla freccia rossa... un golden cross che avvalora non solo il repentino spostamento degli ultimi 2 giorni ma anche il rafforzamento generale del dollaro contro franco che ha preso avvio all'inizio di quest'anno. 
Dove potrà arrivare a breve: grossi impedimenti non ne vediamo e quindi non saremmo stupiti di vederlo tra i 0.91cts  e 0.92 cts dove incapperà nella prima significativa resistenza statica.



Anche per euro/chf il taglio dei tassi svizzeri ha fatto da propulsore e non siamo andati tanto distanti dai 0.98 cts. Anche il trend di questa parità sembra ricevere il sostegno del golden cross tra la  media mobile dei 50 e dei 100 giorni (vedi freccia rossa) e la prossima settimana sarà interessante osservare se quello che era la resistenza statica a 0.9690 diventerà il suo supporto: sarebbe una buona base per prendere lo slancio e arrivare a raggiungere i 0.98 cts / 0.99 cts che corrisponde al lungo periodo di spostamento laterale evidenziato dall'ovale verde. Non sarebbe male!



Sul fronte euro / dollaro è invece calma piatta: lo spostamento laterale continua...


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Abbiamo esaurito i superlativi con i quali possiamo descrivere quella che è la performance dello S&P500 (+9.74% ytd) che oramai ha segnato quest'anno, andiamo a memoria, il venticinquesimo o ventiseiesimo record storico e sembra non volersi fermare. Il trend è in essere, anzi di più, ha persino tentato di forare la resistenza (freccia rossa) sfidando tutte le leggi della fisica... Stiamo cercando delle spiegazioni ad un tale movimento che, come potete ben immaginare, non è affatto usuale. Siamo arrivati alle seguenti parziali conclusioni:
  • E' l'ennesima dimostrazione che quanto un trend è in essere bisogna seguirlo fino a quando non abbiamo l'evidenza che la musica sta per cambiare... Quando cambia di norma ce ne accorgiamo e abbiamo ancora un po' di tempo (non molto a dir la verità) per agire.
  • Non siamo sicuri che sia solo la prospettiva dei 3 tagli ai tassi che stia spingendo il mercato; anzi,  l'impressione è che per il momento questo tipo di discorso interessa ben poco...
  • ...è più probabile che l'attenzione sta virando verso il capitolo utili aziendali che sono ancora visti al rialzo ed è qui entra prepotentemente  in gioco l'Intelligenza Artificiale e la promessa che un suo massiccio impiego possa spingere l'efficienza di moltissime aziende in netto rialzo... con evidente positiva ripercussione sui guadagni delle società. Diciamo che stanno facendo una scommessa sul futuro.
  • Infatti l'indice, che fino a poche settimane fa era dominato solo o quasi dai Magnifici 7, ora si sta mostrando spinto al rialzo da una moltitudine di altre aziende che rendono il moto rialzista molto più ampio e sostenibile.
Con questo non vogliamo assolutamente dire che non vi sarà fine a questo trend: prima o poi una correzione ci riporterà con i piedi per terra ma per il momento di correzioni in vista non ne vediamo malgrado il perseverare di un RSI in zona di ipercomprato che ovviamente non sottovalutiamo...



Anche il Nasdaq (+9.44% ytd) continua imperterrito a salire confermando il suo trend: la scorsa settimana ci stavamo chiedendo se avesse avuto la forza di issarsi nuovamente sopra il livello del suo record storico ed in effetti sembra che ci stia riuscendo... Qualche problemuccio tra i Magnifici 7 (Apple: -10.52% ytd; Tesla: -31.25% ytd) gli sta impedendo di replicare tout court la performance dello scorso anno ma va anche bene così... non si può sempre salire del 40%, non vi pare?


L'Eurostoxx50 (+11.27% ytd) sembra una replica dei suoi amici americani: trend in deciso rialzo in questo caso effettivamente determinato dalla prospettiva di un taglio ai tassi che dovrebbe arrivare prima di quelli americani. Infatti il settore finanziario, il piccolo drappello di società tecnologiche ed il settore del lusso,  stanno facendo miracoli... Strada da recuperare ce n'è ancora, speriamo solo di non incappare in qualche brutta sorpresa che ci rispedisca sulla terra. Se qualcuno dovesse avvistare un cigno nero è pregato di farcelo sapere!



Vediamo se il taglio ai tassi riesce a fornire un po' di carburante al nostro indice SMI (+4.62% ytd) che ogni due per tre è appesantito da qualche notizia non proprio positiva: la scorsa settimana Logitech annuncia le dimissioni del suo CFO che aveva assunto da neppure un anno (non un bel segnale...); questa settimana  è ancora stata Roche ad appesantire il listino a causa di un farmaco che non ha dato i risultati sperati se non solo parzialmente (sta diventando un vizio...). 
E' fondamentale che il nostro indice riesca a rimanere sopra gli 11'600 punti e sarebbe pure molto bello se riuscisse a restare all'interno del canale ascendente... intuitivamente ci vien da dire che non sarà facile (ma ovviamente non possiamo chiedervi ogni settimana di incrociare le dita!).

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Considerato che ogni record storico va in un qualche modo evidenziato...




...non possiamo passare sotto traccia quello dell'oro che per un istante durante la settimana è riuscito ad andare addirittura sopra i 2'200 dollari per oncia. Il record è stato favorito dai seguenti fattori:
  • Malgrado la concorrenza di rendimenti di tutto rispetto (soprattutto sul dollaro) l'acquisto di numerose tonnellate d'oro da parte delle Banche Centrali (Cina e India) ha sconquassato la classica correlazione inversa che sussiste tra oro e rendimenti che faceva in modo che se uno saliva l'altro scendeva e viceversa...
  • Il mondo degli ETF sull'oro fisico, che da svariati mesi continuava ad essere vittima di riscatti non facilmente giustificabili, sembra che recentemente abbia beneficiato di un ritorno degli investitori che hanno riportato in positivo il bilancio tra acquisti e riscatti. 
  • L'industria orafa indiana sta assorbendo quasi la metà dell'oro fisico disponibile: considerata la passione per i monili d'oro degli indiani, il numero di abitanti e le migliorate condizioni economiche  sembra il miglior modo per dare sostegno alla quotazione del metallo giallo...

Buona domenica!



domenica 17 marzo 2024

FED e BNS in arrivo!




Venerdì si è conclusa la settimana finanziaria con l'arrivo del Giorno delle Quattro Streghe (Quadruple Witching Day) che potenzialmente può portare a qualche momentaneo sconvolgimento delle quotazioni. 

Infatti il terzo venerdì di ogni trimestre scadono i contratti dei future sugli indici azionari e sulle azioni e lo stesso accade per le opzioni sugli indici e sulle azioni,  con i trader che sono costretti a "rollare" ad una scadenza successiva i contratti in scadenza oppure a chiudere le posizioni aperte, operazioni che posso appunto influire sui prezzi delle attività sottostanti e/o creare un eccesso di volatilità, soprattutto se le posizioni aperte sono in numero rilevante. 

Per fortuna nostra la giornata sembra essere passata senza danni collaterali particolari fatto salvo per un aumento importante, ma in questo caso ininfluente,  dei volumi come vedrete più tardi nei soliti grafici riguardanti le borse.

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Lasciate le Streghe alle nostre spalle, le ritroveremo il 21 di giugno, vorremmo ora condividere con voi un ragionamento che abbiamo fatto questa settimana e che ha preso una forma sempre più concreta man mano che i dati macro americani, sempre loro!, venivano pubblicati. 

Partiamo appunto dai numeri:

Il 12 marzo si inizia con l'attesissimo dato sull'inflazione americana:

  • CPI yoy: 3.2% (atteso: 3.1%; precedente: 3.1%)
Come si temeva il rincaro è una brutta e appiccicosa bestia che non sembra così facile da domare malgrado che ora il 2% non sembra così lontano. Insomma, l'inflazione si sta consolidando attorno ad un valore che sembrerebbe essere appunto il 3%, valore che tutto sommato non sembra dispiacere agli investitori: la reazione dei mercati dopo la pubblicazione del dato è stata rialzista quando invece la logica, che non sappiamo più dove sta di casa, ne suggerirebbe una di segno opposto.

Due giorni dopo, il 14 marzo, si viene a sapere che produrre (PPI) in America ricomincia a costare di più:
  • PPI feb. : +0.6% (atteso: 0.3%; precedente: 0.3%)
  • PPI yoy : 1.6%    (atteso: 1.2%; precedente: 0.9%)
  • Core PPI yoy: 2.8% ( atteso: - : precedente: 2.6%)
Se la tendenza dovesse continuare di questo passo non è escluso che le aziende riverseranno questi costi (ma probabilmente lo stanno già facendo...) sui consumatori che nel frattempo continuano imperterriti a consumare:
  • Us retail sales : +0.6% (atteso: +0.8%; precedente: 1.1%)
...anche perché la disoccupazione continua ad essere a livelli storicamente molto bassi:
  • Nuove richieste di disoccupazione 8 marzo: 209k (atteso: 218k; precedente: 210k)
  • Richieste continue 2 marzo: 1'811k (atteso: 1'905k; precedente: 1'906k)

Riassumendo: l'economia americana è senza dubbio in crescita (giovedì 28.3 avremo la seconda revisione del PIL) e la sua inflazione si sta consolidando attorno al 3% con una leggera tendenza al rialzo che potrebbe continuare sospinta dai costi di produzione, dalla propensione al consumo, dal pieno impiego e, perché no, da una borsa che non accenna a correggere e che continua a rimpinguare il portafoglio dei consumatori americani. Insomma non sembra proprio uno scenario da recessione ma assomiglia molto di più ad uno di quelli che si porta in dote una buona scorta di inflazione, magari non elevatissima, ma comunque fastidiosa.

A complicare il quadro della situazione ce la sta mettendo tutta anche il petrolio...


...spinto dalla domanda, dalle tensioni geopolitiche e dai giochetti dell'OPEC+.  Il prezzo del WTI da inizio anno è già cresciuto del 15% e gli incroci tra le medie mobili sembra suggerirci che il trend è proprio quello di un continuo rialzo. Non benissimo... 

Adesso, preso conoscenza dei numeri,  proviamo ad entrare nella testa di Powell e andiamo alla ricerca di qualche indizio che possa convincere quest'uomo (e i suoi colleghi) che ridurre il costo del denaro sia una cosa buona e giusta... il sospetto è che per il momento potremmo cercare invano. Forse l'unica cosa che farebbe propendere per un taglio ai tassi è quell'enorme debito pubblico di 32.3 trilioni di dollari che sale di un trilione ogni 100 giorni ma questo non è, se non indirettamente, una delle priorità della FED.

 Comunque cosa in effetti passa per la testa dei 12 membri del Federal Open Market Committee (FOMC) lo sapremo mercoledì 20 marzo dopo la riunione della FED e la relativa pubblicazione del dot plot, un altro documento molto atteso che visualizza graficamente le aspettative sui tassi così come le esprimono i membri del FOMC.

Oramai il mercato si è assuefatto all'idea che per quest'anno i tagli saranno solo 3,  ma non siamo così certi che sia pronto ad accettare uno scenario più restrittivo (in fondo basta poco per riattizzare l'inflazione) che potrebbe anche contemplare nessun taglio per quest'anno. In effetti, se l'economia americana continua a sfornare dati economici come quelli che abbiamo appena visto, questo scenario non è del tutto improbabile. Lasciamo a voi immaginare il disappunto del mercato...

Verifichiamo ora se effettivamente il mercato sta metabolizzando i tre tagli al posto degli iniziali 6 ipotizzati al mese di gennaio:


Prendiamo gli USA: tre tagli corrispondono a 75 basis points ed in effetti è quasi quello che il mercato si sta aspettando (-83) : mercoledì è scontato che non ci saranno tagli, se proprio Powell vorrà ridurli il mercato si aspetta un taglio (a giugno?) che ci porta a settembre al 5.05,  gli altri due potrebbero arrivare entro la fine dell'anno eventualmente nel primo trimestre 2025. 

Ovviamente anche in Europa le attese per dei tagli si stanno assottigliando: dai 6 di inizio anno il mercato ora ne sconta solo 4 (-100 bps) mentre  in Svizzera le aspettative sono ancora per 3 tagli (fra parentesi giovedì 21 marzo ci sarà la prima riunione dell'anno della BNS... diciamo che non ci dispiacerebbe venir sorpresi con un primo taglio ai tassi, ma forse è chiedere troppo).

E' scontato che una modifica delle aspettative di taglio ai tassi in senso riduttivo non può restare priva di conseguenze:


Infatti i rendimenti dei Treasury a 2 (linea rossa) e 10 anni (in nero) sono da inizio anno al rialzo...



... e ovviamente sta succedendo la stessa cosa ai rendimenti europei a dimostrazione del fatto che se vuoi sapere come si comporterà la BCE devi prima gettare uno sguardo in casa della FED anche se tutti sappiamo che lo stato di salute dell'economia europea e la sua inflazione non sono proprio paragonabili a quelli americani.



 Non ci sorprende quindi vedere il mondo delle obbligazioni in dollari ritornare un po' a soffrire...


...e, per simpatia, anche quello in euro gli va dietro.

***


Quando si parla di tassi,  difficile dimenticare quelle che potrebbero essere le conseguenze per i cambi:


Ci sembra di capire che le aspettative per i tagli ai tassi che abbiamo appena visto dovrebbero leggermente favorire il dollaro che oltre ad un differenziale di rendimento che gioca a suo favore (contro euro e chf di certo...) rappresenta pure un'economia che sarebbe dovuta andare in recessione a causa dell'aumento dei tassi (vi ricordate? L'avevamo anche noi evidenziato più di una volta...) ma in realtà non se la sta cavando poi così male; vedere il dollaro apprezzarsi non è quindi una sorpresa.

La scorsa settimana ci stavamo chiedendo se tecnicamente il dollaro stesse compiendo un pullback: in effetti una volta rotta la resistenza (linea rossa) all'inizio di marzo, non è inusuale prendersi una pausa e tornare sui propri passi fermandosi però sul supporto (sempre linea rossa che da resistenza si è fatta supporto) per poi ripartire in direzione della freccia verde che vi avevamo segnalato. E' in effetti quello che sta succedendo.

Probabilmente fino a mercoledì non succederà un granché poi a muovere il dollaro potrebbero pensarci Powell e i dot plot... se poi per delirio d'ipotesi la BNS dovesse tagliare, vi lasciamo immaginare la reazione della valuta americana... sarà una settimana interessante.



...per il momento euro/dollaro continua placidamente a spostarsi lateralmente e a noi sta bene così...



...mentre l'euro contro franco sta continuando a rafforzarsi e punta verso quota 0.9690:  abbiamo l'impressione che la possa raggiungere la prossima settimana...

***



Oramai non ci sono più parole per sottolineare quanto sia costante il trend dello S&P500 (+7.28 ytd) che continua la sua scalata all'interno di un canale ripido e stretto, trend che per il momento possiamo solo che confermare... Ovviamente in questi giorni ne abbiamo lette di ogni: si va dal nuovo target della SocGen che ci tranquillizza affermando che "non bisogna preoccuparsi dei mercati spumeggianti fino a quando lo S&P500 non avrà raggiunto i 6'250 punti" alle affermazioni dei nostri amici del desk azionario di UBS che in merito ai dati USA ci avvisano che "non sono esattamente ciò che il mercato sta cercando (...) e quindi le cose stanno diventando ancora più complicate" lasciando intendere che probabilmente arrivare a 6'250 punti (+22% dagli attuali livelli) non sarà una passeggiata. Comunque sia noi restiamo fedeli al nostro metodo: fino a quando un trend è in essere, noi lo seguiamo. 

(... dimenticavamo: se guardate i volumi di venerdì vedete una bella riga verde in netto rialzo: è l'effetto della giornata delle 4 streghe che ritroverete anche negli altri mercati.)


Ovviamente siamo supportati anche da Ned Davis che vede una prima correzione degna di questo nome arrivare per il mese di maggio ma considerata la ripidità dell'attuale trend pensiamo che la sua rottura potrebbe arrivare anche prima e di questo ne siamo consapevoli...



...Siamo un pochino più preoccupati per il Nasdaq (+6.41% ytd) che ha terminato la settimana adagiandosi sul supporto dinamico del suo canale ascendente (vedi feccia rossa). Una sua rottura non sarebbe un bel segnale e potrebbe indicare la fine del trend... restiamo vigili pronti a scaricare una parte degli ETF .

Passiamo ai mercati europei ma qui prima di andare avanti dobbiamo fare una errata corrige:  in riferimento alla recente performance dell'Eurostoxx50 abbiamo sempre parlato di record storico...



...sbagliavamo! Il record storico è fissato a 5'522 punti e bisogna tornare indietro di quasi un quarto di secolo per vederlo (primo trim 2000)... non siamo ChatGPT e ne abbiamo le prove!



Cosa dire? La performance dell'Eurostoxx50 (+10.28% ytd) di questo primo trimestre dell'anno fa paura! Non sappiamo se avrà la forza di raggiungere il suo record storico (5'522 punti) in quanto dista ancora 10 punti percentuali dall'attuale valore dell'indice ma è innegabile che ci sta provando. Siamo comunque realisti e se anche fosse il caso, qualcuno ci deve spiegare come sia giustificabile una performance del 20%... è vero, gli analisti testardamente sono anni che ci  avvisano che è (o era...) un mercato sottovalutato ma a tutto c'è un limite. Comunque sia il trend è confermato e noi lo seguiamo!



Settimana che si chiude un po' sottotono per il nostro SMI (+4.83% ytd) ma siamo anche in un momento di stacco dei dividendi che possono momentaneamente incidere sulla quotazione dell'indice... nulla di grave... ci sembra di aver individuato il canale all'interno del quale lo SMI intende muoversi: strettino ma comunque sostenibile soprattutto se giovedì la BNS potrebbe darci un colpo di mano... dita incrociate!

Buona domenica!






domenica 10 marzo 2024

Primi tagli a giugno?

 E' quasi superfluo sottolineare come i due eventi più importanti della settimana sono stati gli interventi di Powell davanti al Congresso Americano e quello della Lagarde a margine della riunione della BCE. 

Chi si aspettava qualche novità in merito alla data del primo taglio ai tassi è rimasto ovviamente deluso e anche le chiacchiere, che normalmente servono a dare l'illusione che leggendo bene tra le righe si carpiscono i segreti del "dietro le quinte" delle riunioni delle Banche Centrali, non hanno partorito nemmeno un topolino. 

Ovviamente i due presidenti si sono dati un gran daffare nel farci credere che le decisioni che prenderanno sono frutto della più totale indipendenza e quindi la BCE non seguirà la FED e tanto meno la FED si muoverà, ma quando mai, in funzione di quello che farà la BCE. 

Da un bel po' abbiamo invece la sensazione che le due banche centrali si stiano tenendo reciprocamente sotto controllo e se avete qualche dubbio a tal proposito prestate attenzione a quello che ci dicono i due Governatori:  le parole dell'uno sono quasi quelle dell'altro:

  •  Powell (P) :"Il comitato della FED è fortemente impegnato a riportare l'inflazione al suo obiettivo del 2%". Lagarde (L): "La BCE è determinata ad assicurare il ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo del 2% a medio termine".
  • P: "Riteniamo che il nostro tasso ufficiale sia probabilmente al suo massimo per questo ciclo di inasprimento". L:" Riteniamo che i tassi di interesse di riferimento della BCE si collochino su livelli che forniranno un contribuito sostanziale al conseguimento di un'inflazione al 2%".
  • P: "Ridurre (i tassi) troppo presto o troppo potrebbe comportare un'inversione dei progressi che abbiamo visto nell'inflazione". L: "Il consiglio direttivo assicurerà che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario".
  • P: "Il comitato della FED non si aspetta che sarà opportuno ridurre (i tassi) finché non avrà acquisito maggior fiducia che l'inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2%". L: "Non abbiamo discusso di tagli. Ci servono molte più informazioni che arriveranno nei prossimi mesi per essere sufficientemente sicuri che stiamo raggiungendo il target del 2%.".
Potremmo continuare ad evidenziare come i comunicati delle due Banche Centrali si sovrappongono l'uno all'altro ma pensiamo che abbiate capito che per il momento di tagli non ve ne saranno ma presto o tardi arriveranno. Powell non si sbilancia: "Se l'economia si evolverà sostanzialmente come previsto sarà probabilmente opportuno iniziare a ridurre (i tassi) ad un certo punto quest'anno." ma la Lagarde questa volta si espone più dell'americano ed in riferimento alle informazioni che le servono si lascia sfuggire un "ne sapremo di più ad aprile ma ancora di più a giugno". Se ne deduce che passeremo la prima metà dell'anno con i tassi agli attuali livelli e dovremo quindi rimandare al secondo semestre il capitolo dei ribassi. Nulla di nuovo, già lo si pensava, ma piano piano stanno arrivando delle conferme.

Vale anche la pena sottolineare come la BCE abbia rivisto le stime sull'inflazione e la crescita economica dei prossimi anni:
  • L'inflazione nel 2024 dovrebbe assestarsi al 2.3% (precedente: 2.7%) per poi passare nel 2025 al 2% (precedente: 2.1%) e si scenderà nel 2026 all'1.9%. Se così fosse in effetti non c'è molta fretta di abbassare i tassi.
  • La crescita economica del 2024 è stata limata allo 0.6% (precedente: 0.8%) ma dovrebbe riprendersi nel 2025 dove è prevista una crescita dell'1.5% seguita da un più 1.6% per il 2026. La crescita dovrebbe essere stimolata da una combinazione tra consumi ed investimenti che è il miglior antidoto contro la recessione (ovviamente Germania permettendo...).

Anche questa settimana l'economia americana in fatto di dati macroeconomici è stata piuttosto generosa e vi segnaliamo, in ottica inflazione futura, quelli riguardanti il mercato del lavoro:

Giovedì 6 marzo sono stati pubblicati i posti di lavoro creati dal settore privato (ADP) e i posti di lavoro vacanti (Job Openings):
  • ADP Feb.                : 140k (atteso: 150k ; precedente: 107k)
  • Job Openings Gen. :  8.9 mio (atteso: 8.9 mio; precedente: 8.9 mio)
ma il piatto forte ci è stato servito venerdì pomeriggio dove veniamo a sapere che sono stati creati nel mese di febbraio 275k (atteso: 198k ; precedente: 229k) nuovi posti di lavoro al di fuori del settore agricolo, il tasso di disoccupazione è salito al 3.9% (atteso: 3.7%; precedente: 3.7%) e le paghe orarie yoy sono leggermente scese al +4.3% (atteso: 4.4%; precedente: 4.4%)


Vi state di certo domandando come sia possibile creare tutto sommato parecchi posti di lavoro (i 275k di febbraio hanno sorpreso) e allo stesso tempo osservare il tasso di disoccupazione salire... sembrerebbe una contraddizione ma può succedere soprattutto quando chi è costretto a trovarsi un lavoro supera coloro che un posto di lavoro l'hanno trovato. 
Abbiamo ripetutamente sottolineato negli scorsi Appunti che oramai in molte famiglie i crediti covid sono stati rasi al suolo ed è ora di ritornare al lavoro. Per i lavoratori non sempre è facile trovare un posto all'altezza delle aspettative e per i datori di lavoro il problema è antitetico:  il perpetuarsi dell'alto numero di posti vacanti dimostra che molti lavori in offerta necessitano di personale dotato di competenze che non sono facili da trovare. 
In ottica inflattiva tutto sommato i nuovi posti di lavoro, che potrebbero spaventare la FED, sono compensati da un leggero aumento della disoccupazione che è, l'avrete notato, lentamente ma inesorabilmente al rialzo; vedremo nei prossimi mesi se anche i salari avranno intrapreso il movimento opposto. Se così sarà le probabilità di assistere, magari a giugno, ad un taglio ai tassi aumenta.

***


Malgrado il trend dello S&P500 (+7.42% ytd) sia ancora intatto (siamo ancora all'interno del canale ascendente delimitato dalle 2 linee verdi) la settimana si è conclusa con un piccola perdita (-0.28%). Anche l'oscillatore RSI (freccia rossa), pur restando ad alti livelli, ci sembra che stia perdendo slancio:  succede quando la forza degli acquirenti è in fase di diminuzione e potrebbe anticipare un cambio di tendenza.  Nulla di trascendentale ma quello che non ci deve sfuggire è che i Magnifici 7 (che assieme rappresentano oltre il 30% di questo indice) hanno qualche responsabilità:



Da inizio anno Tesla ed Apple non brillano, Alphabet pare marciare sul posto e questa settimana pure Nvidia ci ha fatto preoccupare:


Il grafico rappresenta l'escursione di Nvidia nella giornata di venerdì 8 marzo: è partita in buon rialzo (!) probabilmente spinta dai meccanismi del FOMO (vedi Appunti della scorsa settimana...)  per poi subire una severa presa di profitto che l'ha fatta chiudere con un -7.94% che non si vedeva da un bel po' e che ha subito spinto un discreto numero di analisti a chiedersi se effettivamente non sia un segnale che  la festa sta per finire...


Deutsche Bank si sta pure chiedendo se lo S&P500 sia in bolla (speculativa)  e se la stessa non stia per scoppiare. La statistica sembra dare un segnale in questa direzione...

Da parte nostra continuiamo a rilevare che il VIX (l'indice della paura) è solo leggermente salito: da 13 a 14 ma comunque non segnala nessun tipo di disagio tra gli investitori ed anche il Put/call ratio ci indica che in questo momento NON si stanno comprando coperture assicurative come se piovesse...

Ma ci stiamo anche chiedendo come mai due beni rifugio come l'oro e il bitcoin (ammesso e non concesso che un bene rifugio lo sia...) sono ai massimi storici:


L'esuberanza (irrazionale?) dell'oro è sotto gli occhi di tutti: questa settimana ha superato di slancio anche i 2'150 dollari all'oncia che era un po' il nostro target a brevissimo termine. Ora si trova in un evidentissimo stato di ipercomprato (84! vedi freccia rossa) e francamente, fatto salvo qualche catastrofe in arrivo, non riusciamo a capire come possa andare avanti, senza una pausa,  ad apprezzarsi in questo modo. 

In realtà potrebbe esserci anche una risposta tecnica che giustifica una parte del rialzo e che vi accenniamo senza entrare nei dettagli: c'è una differenza di 50$ all'oncia tra la quotazione dell'oro fisico a Londra e quella, meno costosa, di Shanghai che a quanto pare sta generando un'attività di arbitraggio piuttosto importante che potrebbe in parte spiegare i rialzi di questi giorni. 



Anche il bitcoin venerdì  è riuscito, dopo aver sterminato nel 2022 una schiera infinita di speculatori, a segnare per un istante un massimo storico (ha superato i 70'000$) per poi retrocedere. Se pensiamo che per il momento con il bitcoin ci speculi e basta, il suo movimento è impressionante. 
 
A ben pensarci questa criptovaluta è stata concepita proprio per favorire la speculazione: l'attività di mining si esaurirà quanto saremo arrivati a quota 21 milioni di bitcoin estratti (probabilmente nel 2140) ed il meccanismo quadriennale dell'halving è stato concepito proprio per ridurne l'offerta e favorire l'apprezzamento di quanto già minato (bisogna ammettere che il meccanismo è geniale...!)... 

Esattamente l'opposto di quello che fanno praticamente la totalità delle Banche Centrali che possono, se lo vogliono, stampare denaro all'infinito.

In buona sostanza tutto quello che sembra non essere facilmente riproducibile, stampabile, replicabile e via discorrendo in questo momento sta vivendo un periodo d'oro nel vero senso del termine. La domanda che ci facciamo, è come mai simili movimenti si stanno materializzando; purtroppo una risposta chiara e netta non riusciamo a darcela e la qualcosa è vagamente ansiogena...


Così come è creatrice di preoccupazioni la performance della New York Community Bancorp alle prese con la fuga di clienti e la corsa agli sportelli che richiama alla memoria il fallimento, giusto un anno fa, della Silicon Valley Bank...  Proprio ora che il piano della FED a salvaguardia del sistema bancario americano sta arrivando a termine. Non ci voleva!

Non vogliamo a nostra volta essere creatori di apprensione nei riguardi dei nostri lettori: semplicemente portiamo alla vostra attenzione  alcuni eventi che ci paiono strani e che non sono facilmente spiegabili, eventi che ci inducono alla prudenza...


Anche il Nasdaq (+7.15% ytd) ha chiuso la settimana con una perdita dell'1.27% non riuscendo a confermare il record storico. Per il momento nulla di grave (anzi, una pausa ci vuole), il trend è intatto e vedremo la prossima settimana se la pubblicazione del dato sull'inflazione (CPI, martedi 12) fornirà un po' del carburante necessario per continuare a salire oppure bisognerà attendere la prossima riunione della FED prevista per il 19/20 di marzo.

 

E' abbastanza probabile che le parole della Lagarde abbiano ulteriormente galvanizzato un Eurostoxx50 (+9.72% ytd) che evidentemente crede che un taglio ai tassi per il mese di giugno sia possibile. 
L'essere stata ad inizio anno una borsa a buon mercato (ricordate? 14 di P/E contro i 22 dello S&P500) ha aiutato ma ora dobbiamo fare i conti con un RSI ben al di sopra del 70 (76.6) che di norma è foriero di una correzione. 
Per chi vuol entrare subito in questo mercato deve stare attento e per coloro che hanno posizioni lunghe bisogna tenersi pronti ad un eventuale alleggerimento (pensate a cosa andrebbe venduto)  soprattutto quando lo stretto trend ascendente sarà perforato.


Qualche cosa sembra voler andare nella giusta direzione anche per lo SMI (+4.57% ytd) che si sta dando da fare per recuperare un po' del ritardo accumulato da inizio anno. E' probabile che un leggero indebolimento del franco svizzero lo stia aiutando. 
Ha superato gli 11'600 punti con dei volumi in rialzo (freccia verde) che è sempre un bel segnale ma che comunque dovrà essere confermato anche la prossima settimana. 
Anche la media mobile dei 100 giorni (linea verde) sta per incrociare verso l'alto quella dei 200 giorni (linea blu)... insomma un golden cross che potrebbe significare che il trend rialzista sta prendendo forza... sarebbe bello!

***

E' da un paio di settimane che non vediamo la performance delle obbligazioni in dollari ed in euro:


Sembra che le parole di Powell abbiamo riacceso l'appetito per le obbligazioni in dollari... siamo ancora in negativo da inizio anno ma il trend sembra voler cambiare direzione... Infondo prima o poi questi tassi dovranno pur scendere e fissare a lungo termine una parte di quanto ora è investita a breve o brevissimo potrebbe essere una buona idea.



Discorso simile anche per le obbligazioni in euro che finalmente stanno azzerando le perdite da inizio anno. Evidentemente l'idea che i tassi potrebbero scendere a partire da giugno aiuta... ed aiuta pure le performances dei nostri depositi.

***




Purtroppo il dollaro contro franco durante la settimana ha perso un poco del suo slancio e ci stiamo chiedendo se siamo confrontati con un classico pullback che avviene spesso quanto una resistenza viene superata. In sostanza è abbastanza normale che dopo aver superato la linea rossa che faceva da resistenza ci sia un ritracciamento che si ferma proprio sulla linea rossa che ora dovrebbe essere diventata un supporto dal quale prende lo slancio per ripartire (in direzione della freccia verde). 

Siamo comunque in una situazione delicata in quanto la media mobile dei 200 giorni (linea blu) è stata perforata al ribasso (non un bel segnale) ed se guardate bene il dollaro si è fermato sulla media mobile dei 100 giorni che potrebbe anch'essa fungere da supporto per una ripartenza. 
Per farla breve: la prossima settimana vorremmo vedere una ripartenza ma se si rientra nel canale discendente una sforbiciata al dollaro la diamo...



Anche contro euro il dollaro questa settimana ha avuto qualche problema... diciamo che la cosa non è facile da comprendere soprattutto se pensiamo alla possibile riduzione dei tassi che in teoria potrebbe avvenire prima di quelli sul dollaro... Ci stiamo pure chiedendo se le elezioni stanno giocando un ruolo soprattutto ora che è certo che Trump sarà lo sfidante di Biden, vedremo... Tecnicamente parlando le 3 medie mobili sono state tutte perforate al rialzo ed è probabile che la resistenza posta a 1.11 non sia poi così lontana.


L'euro contro franco durante la settimana che sta per finire è riuscito a consolidare evitando di essere risucchiato sotto la linea rossa tratteggiata che ora dovrebbe fungere da supporto così come da supporto sembra volerlo fare anche la media mobile dei 200 giorni (linea blu). Ci piacerebbe comunque vederlo andare con decisione sopra i 0.97 centesimi e lì rimanerci... ma ci vorrà ancora del tempo.

Buona domenica di pioggia!