domenica 31 marzo 2024

Fine primo trimestre

 Non sappiamo se ve ne siete accorti (noi no!) ma il primo trimestre del 2024 è già al capolinea, quindi può essere utile stilare un primo bilancio e, se necessario, dare una spolverata alle previsioni che avevamo fatto ad inizio anno.

In linea generale è fuor di dubbio che la finanza di mezzo mondo è stata influenzata dal vivace dibattito attorno al destino dei tassi d'interesse, dibattito che non accennerà a diminuire fino a quando le banche centrali più importanti, FED e BCE in testa,  non si saranno decise ad avviare un processo di diminuzione del costo del denaro, processo che, almeno nelle aspettative, ha subito delle ragguardevoli riduzioni per quanto riguarda la frequenza e l'entità dei tagli. Come vedremo dopo le ripercussioni, soprattutto nei comparti del reddito fisso e in quello dei cambi, sono evidenti. 

E' andata invece di lusso per quanto riguarda il comparto azionario che ha ben sfruttato il momentum che ha preso avvio lo scorso anno e che addirittura ha mostrato segni di accelerazione in questo primo trimestre, segni che apparentemente non si sono ancora esauriti o, meglio detto,  non abbiamo indizi tali che mettono in evidenza un rallentamento del trend in essere

Due sono i motori che alimentano questo movimento: a breve termine ci sono gli utili societari che trimestralmente rassicurano gli investitori, rassicurano in quanto con una certa costanza risultano sempre essere sopra le aspettative degli analisti; nel medio periodo la fantasia degli investitori è stimolata dalle grosse attese derivanti dal massiccio utilizzo dell'intelligenza artificiale che porterà ad una maggior efficienza operativa all'interno delle aziende e che tenderà a manifestarsi con un incremento dei margini di guadagno. 

Il rovescio della medaglia è che le  aziende hanno l'obbligo di continuare a produrre utili sopra le attese in quanto oramai, soprattutto in America, i multipli (P/E in primis) ci raccontano una storia fatta di quotazioni elevate e, per molte società, anche fin troppo elevate evocando scenari da bolla speculativa. Se si vuol continuare a giustificare questi multipli, e non c'è via di scampo, bisogna garantire la crescita degli utili anche perché l'altra strada, che mai vorremmo percorrere, ci porta dritti verso una riduzione delle quotazioni azionarie.

All'inizio dell'anno eravamo anche preoccupati per tutti i problemi di natura geo-politica che in abbondanza dominano le prime pagine dei giornali: per il momento, malgrado la loro gravità, non sembrano avere un influsso eccessivamente negativo sulle quotazioni. Evidentemente una sovraesposizione mediatica crea assuefazione...

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Ma iniziamo a parlare dei tassi e di cosa è successo al comparto del reddito fisso. Qui sotto riprendiamo la tabella del 14.01.24 concernenti le aspettative sul numero dei tagli che le banche centrali avrebbero fatto durante il 2024:

Secondo l'opinione del mercato la FED avrebbe dovuto tagliare i tassi di 25 basis points (bps) almeno 6 volte (152 bps) e lo stesso dicasi per la BCE (154 bps). Mentre la Banca Nazionale Svizzera si sarebbe limitata a 3 tagli (71 bps).

Tre mesi dopo la percezione del mercato è parecchio mutata:



I tagli ipotizzati dal mercato in USA si sono ridotti da 6 a 4 con una tendenza comunque che li porterà ad allinearsi con quanto comunicato fino ad oggi dalla FED che continua imperterrita ad annunciare, se tutto va bene, non più di 3 tagli. Il ciclo economico tutto sommato più che discreto ed un'inflazione appiccicosa impongono prudenza:

proprio giovedi è stata resa pubblica la seconda revisione del PIL americano dell'ultimo trimestre 2023:
  • PIL 4 trim. 2023 (seconda revisione): 3.4% (atteso: 3.2%; precedente: 3.2%)
...dove il 65% di questa crescita è da attribuire ai consumi degli americani che evidentemente continuano a fare quello che gli riesce meglio: spendere. Il dato non sarà piaciuto a Powell ma non ne abbiamo le prove...

Altro dato divulgato venerdì pomeriggio è il PCE per il mese di febbraio, un indicatore seguitissimo dalla FED:
  • Spese per consumi personali (feb): 2.5% (atteso: 2.5%; precedente: 2.4%)
Dopo la pausa ribassista del mese di gennaio (comprensibile,  considerati i tradizionali ingenti consumi personali legati alle festività di fine anno) questo indice ha ripreso a salire... Non bello in ottica inflazione.
Il PCE è uscito a mercati chiusi per festività: vedremo come accoglieranno il dato lunedì ma non crediamo benissimo... Comunque Powell sembra non essere scontento del dato e questa volta le prove le abbiamo: "E' bello sapere che il PCE è uscito in linea con le nostre aspettative" ci ha fatto sapere,  ma non sembra che sia il commento di uno che non stia più nella sua pelle... Comunque meglio di niente. 

Purtroppo a gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Chris Waller, un influente governatore della Federal Reserve,  che ha risposto ad una domanda inerente l'inizio delle operazioni del taglio ai tassi con un eloquente quanto disarmante: "Non c'è fretta"... una vera mazzata da falco come l'hanno commentata alcuni attenti osservatori!

Per quanto riguarda invece l'Europa, considerata una certa gravità dello stato di salute dell'economia continentale e soprattutto grazie ad una inflazione che sembra effettivamente rivolta definitivamente al ribasso, inizia a farsi strada la necessità di maggiori tagli rispetto agli USA: dai 6 di inizio anno (154 bps)  si è scesi a 4 (115)  ma con tendenza al rialzo. Primo taglio a giugno? Probabile. Ne sapremo comunque qualche cosa di più (speriamo...) giovedì 11 aprile quando la BCE si riunirà.

A proposito d'inflazione: il  29 marzo, la Francia ha rilasciato i dati sul rincaro:
  • CPI Francia yoy (marzo): 2.3% (atteso: 2.6%; precedente: 3%)
Il dato conferma una tendenza di base che vede un po' in tutta Europa il ridursi del fenomeno inflattivo. Da un lato è certo una buona notizia, soprattutto in ottica tagli ai tassi, dall'altro la velocità con la quale sta scendendo (dal 3% al 2.3% è una diminuzione notevole) potrebbe essere sinonimo di una  situazione che a livello economico si sta veramente deteriorando. Sarà così anche negli altri paesi membri dell'EU? E' piuttosto verosimile...

L'unica banca centrale che si è potuta permettere il lusso di fare quello che vuole (ups... quello che è meglio fare per il benessere del Paese) è la BNS: dei 3 tagli previsti ad inizio anno, uno è già stato sganciato. Si prenderà ora del tempo per vedere le reazioni sul franco e sull'inflazione e poi deciderà verosimilmente di procedere con un altro taglio. Per il terzo non c'è fretta e vedremo se arriverà.


Tutto questo tira e molla riguardanti le aspettative sul futuro taglio ai tassi per il momento non sta giovando al settore obbligazionario e questo non ci piace più di tanto: le obbligazioni nei nostri depositi, che non sono poche, languono. Non fanno danni ma contribuiscono in maniera esigua all'evoluzione positiva della performance come testimoniato dai due indici obbligazionari total return assemblati da Bloomberg. 

Rammentiamo che un indice obbligazionario total return tiene conto sia dei rendimenti derivati dagli interessi pagati dalle obbligazioni che del guadagno o della perdita di capitale dovuto alle variazioni dei prezzi e fornisce quindi una rappresentazione più completa del rendimento totale ottenuto da questo genere di investimento.


Le obbligazioni in dollari non hanno certo brillato da inizio anno: è comprensibile. Se le attese per i tagli ai tassi, che notoriamente sono un toccasana per le quotazioni delle obbligazioni già emesse, continuano ad essere decurtate, il risultato non può che essere quel -2.07% mostrato dal grafico. 

Non vogliamo essere (troppo) negativi ma vi rammentiamo che per il momento il mercato sconta circa 3 tagli ma si sta facendo strada con una certa insistenza un'ipotesi che prevede zero tagli (!) per il 2024: questa ipotesi NON è ancora contemplata dal mercato ma se lo fosse non è difficile capire che il comparto verrà ulteriormente sanzionato. Speriamo di non dover affrontare uno scenario simile ma comunque per il momento non stiamo esageriamo con l'allungo delle scadenze sul dollaro.



Il mercato
obbligazionario in euro va un pochino meglio: è praticamente piatto da inizio anno ed è in posizione attendista. Certo la probabilità di un taglio a giugno, come ha lasciato velatamente intendere la BCE, non è totalmente improbabile: è sempre più chiaro che la Lagarde deve agire prima di Powell e vedremo se ne avrà il coraggio. L'appuntamento con la BCE è come detto per giovedì 11 aprile dove però non ci attendiamo nessun taglio. Siamo comunque curiosi di ascoltare la Lagarde.

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Difficile trovare le parole giuste per elogiare la performance di una buona parte dei mercati azionari mondiali: molte borse hanno raggiunto in 3 tre mesi (vedi %Ytd) quello che doveva essere il risultato di un anno intero di quotazioni! Troppo?

Certo che le quotazioni soprattutto in America sono alte, ma all'inizio del nostro intervento abbiamo anche cercato di spiegare il perché di questo boom che sembra non aver fine. E' una situazione che ci rimanda indietro di un quarto di secolo, quando il fenomeno internet muoveva i primi passi e non si capiva ancora bene dove ci avrebbe portato e quanto in profondità avrebbe stravolto la nostra esistenza. Ma oggi un'idea di dove ci potrebbe portare l'intelligenza artificiale l'abbiamo e giustifica in gran parte perché nessuno vuol scendere dalla giostra dei mercati azionari...

Ma per quanto sia bello andare in giostra, prima o poi bisognerà scendere: per sapere quando, può essere utile gettare un'occhiata ai Price/Earning.(P/E). 

Per pigrizia abbiamo chiesto a ChatGPT, che ha il dono della sinteticità, di fornirci una semplice spiegazione di cosa sia il P/E del mercato:

"Il P/E di un mercato è il rapporto tra il prezzo medio delle azioni quotate in quel mercato e il guadagno medio per azione delle società quotate in quel mercato. Indica quante volte il guadagno medio di una società è rappresentato dal prezzo medio delle azioni nel mercato.

In altre parole, un P/E più alto suggerisce che gli investitori stanno pagando di più per ogni unità di guadagno, mentre un P/E più basso suggerisce che gli investitori stanno pagando meno. Il P/E può essere utilizzato per valutare se il mercato è valutato in modo relativamente alto o basso " soprattutto , aggiungiamo noi, paragonando il valore attuale del P/E con il P/E medio degli ultimi 10 anni. Per intenderci: la media decennale dei P/E dei mercati europei che prendiamo settimanalmente in considerazione è attorno alle 16/17 volte gli utili; idem per lo S&P500 mentre bisogna calcolare circa 35 volte per il Nasdaq.


Fa quindi specie vedere lo S&P500 quotato 25.5 volte gli utili così come non ti lascia indifferente le quasi 49 volte gli utili per il Nasdaq. Diciamo che un campanello d'allarme inizia a suonare.

Musica leggermente diversa per i mercati europei che, malgrado delle performances all'americana, in fatto di P/E sono piuttosto in linea con la media decennale. Fa specie osservare quello del mercato Italiano (FTSE MIB) che malgrado dal 2023 sia una delle migliori borse a livello europeo ha ancora un P/E di 9.83 che lascia intendere che nei confronti dei cugini di strada da recuperare ce n'è ancora... 

A livello di P/E nel nostro continente non c'è molto da preoccuparsi ma ovviamente sappiamo benissimo che la correlazione con i mercati americani è stretta e quindi un po' di apprensione inizia a farsi sentire.


 L'algoritmo di Ned Davis preconizza una correzione durante il mese di maggio: stiamo per entrare in quello di aprile e a metà mese inizierà la stagione di pubblicazione degli utili del primo trimestre 2024. Di certo dovremo prestare più attenzione del solito: basta un passo falso di qualche membro dei M7 o degli outlook poco incoraggianti per avviare delle consistenti prese di profitto magari anche prima di arrivare al mese di maggio. 
Rammentiamo, in primis a noi stessi, che Factset (un'efficiente società di servizi finanziari) ha appena ridotto le aspettative di crescita degli utili per lo S&P500 che passa da un + 5.7% di inizio anno ad un più modesto +3.4% di recente pubblicazione: non è un dimezzamento ma poco ci manca e se Factset ha ragione il mercato non sembra pronto ad accettare una simile riduzione. A dir  la verità è probabile che il mercato se ne renda conto ma per il momento la testa è voltata dall'altra parte.

Prendiamo per un attimo in considerazione due parametri: il VIX e il Put/call ratio.


Per intendere meglio quello che vogliamo dire, bisogna sapere che il VIX (il famoso indice della paura) è la rappresentazione della volatilità implicita del mercato per i prossimi 30 giorni. NON è quindi una misura della volatilità attuale ma è una previsione degli attori del mercato dei derivati di quella che potrebbe essere la volatilità  attesa per lo S&P500 fra un mese. 
Il grafico è piuttosto eloquente: gli operatori non si aspettano movimenti di rilievo tanto da metterli in pre-allarme. E' vero che basta poco per far cambiar loro idea ma comunque, se osservate la freccia rossa, in termini di "paura futura percepita" siamo quasi ai minimi dell'anno. Insomma sembra tanto uno scenario alla  "Don't Worry be Happy!" (copyright: Bobby McFerrin)



L'indice put-call ratio è invece un buon indicatore del sentiment del mercato riguardo al futuro movimento dei prezzi. Tecnicamente lo si calcola prendendo il numero di contratti put (diritti di vendita) e lo si divide per i contratti call (diritti di acquisto) che vengono scambiati prendendo soprattutto come attivo di base l'indice S&P500. In condizioni normali il rapporto tra put e call si situa attorno allo 0.65,  ciò significa che vi sono di norma più acquisti di call che non di put che notoriamente sono lo strumento con il quale ci si assicura dalle fluttuazioni al ribasso. Un netto aumento dell'acquisto di put (come ad esempio nel dicembre 2022 o nel settembre 2023) ci fornisce una buona immagine dello stato d'ansia degli investitori. 
Il cerchio verde evidenza la situazione attuale:  di ansia se ne vede poca e non ci sembra che sia in atto una corsa ad assicurarsi dai ribassi. Insomma, se a maggio una correzione deve arrivare, come ci suggerisce Ned Davis, l'assicurazione la compri adesso che costa poco. Chi di voi farebbe una assicurazione contro gli incendi quando la casa brucia? 

Attenzione: con questo non vogliamo dire che la correzione a maggio non ci sarà... diciamo che per il momento la situazione ci sembra fin troppo calma... Dal 12 di aprile in poi, man mano che i risultati del primo trimestre verranno pubblicati ne sapremo qualche cosa di più. Comunque se vi è venuta voglia di assicurarvi, parliamone...

Ma gettiamo la solita occhiata agli indici:



"The trend is your friend!" è una delle regole auree degli analisti tecnici e mai come in questi primi tre mesi dell'anno siamo stati contenti di averne fatto tesoro. Quando un mercato in 6 mesi è cresciuto di quasi il 30%, razionalmente ti viene una gran voglia di portare a casa gli utili e prima o poi bisognerà farlo. Ma fino a quando lo S&P500 (+10.16% ytd) rimane all'interno del suo canale rialzista (vedi freccia verde) bisogna avere il coraggio di restarci.
Come abbiamo già sottolineato per il momento il mercato sconta 3 tagli ai tassi da parte della FED ma se per delirio d'ipotesi la FED per quest'anno di tagli sarà restia a farne, allora del cambiamento del trend ce ne accorgeremo senza ombra di dubbio. Idem se i risultati societari, che prenderanno avvio tra un paio di settimane, saranno anche solo parzialmente deludenti. E' chiaro che ad ogni aumento, cresce pure il nostro stato di vigilanza ed ai primi segnali negativi non staremo di certo a farci delle domande se dobbiamo uscire o restare dentro...


Discorso praticamente identico per il Nasdaq: ai primi segnali di cambiamento del trend si esce se non proprio a gambe levate,  quasi...



Se non esistesse una correlazione diretta tra le borse europee e quelle americane saremmo più tranquilli. Abbiamo visto che malgrado la scalata di sesto grado dell'Eurostoxx50 (+12.43% ytd) il P/E è ancora decente, ma se continuerà di pari passo, non dovremo attendere troppi mesi prima di ritrovarci con l'Europa sopravvalutata. Inoltre, tecnicamente parlando, il canale di scorrimento dell'attuale trend è molto più stretto di quello del cugino S&P500 e quindi basta poco per generare un segnale che ci obbligherà a reagire. Molto dipenderà anche dalle parole della Lagarde di giovedì 11... se sarà accomodante la pressione potrebbe anche diminuire per il benessere delle coronarie di tutti noi.


Per quanto riguarda lo SMI (+5.32% ytd) il suo percorso è più accidentato degli altri ma comunque anche il suo trend sta puntando verso l'alto pur intervallato da momenti di consolidamento.
A tal proposito ci sembra di aver individuato un triangolo simmetrico ascendente (in verde a ridosso degli 11'600 punti)  che ci indica come per il momento lo SMI si sia preso una piccola pausa.  Di norma, ma come al solito non ve n'è certezza, un simile triangolo tende ad essere forato verso l'alto in modo da riprende il percorso rialzista. Sarebbe bello... i 12'000 punti non sono lontani...

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Parlando di cambi, quello che sembra piuttosto chiaro è l'indebolimento del franco svizzero contro quasi tutte le valute, indebolimento che era iniziato ancora prima che la BNS si decidesse a tagliare i tassi:


Il dollaro contro franco nei primi tre mesi di quest'anno si è rivalutato di oltre il 7% e se Powell si ostinerà, come sembra, a prendere tempo prima di decidersi a tagliare i tassi, la sua rivalutazione potrebbe continuare ancora per un po'. Noi saremmo contenti di vedere quota 0.92 nelle prossime settimane. Quello che accadrà dopo non è facile da individuare.


Più delicata la posizione dell'euro contro franco: anche la moneta europea si è apprezzata del 4.5%. In settimana abbiamo visto anche i 0.98 centesimi per poi correggere piuttosto vistosamente venerdì ma potrebbe anche essere stato l'effetto della chiusura di una buona parte dei mercati per le festività pasquali che hanno reso il mercato poco liquido. 
Se lunedì dovesse continuare la correzione sarà interessante vedere se quest'ultima si fermerà sul supporto a 0.9690... E' chiaro che questa parità è nelle mani della BCE: se l'11 di aprile la Lagarde lancerà un segnale piuttosto accomodante nei confronti di un taglio per il mese di giugno prepariamoci, per chi pensa in chf,  a sganciare un po' di euro.



E' un discorso che vale anche per la parità euro/dollaro: per quanto lo spostamento è ancora chiaramente laterale, in settimana il dollaro ha guadagnato qualche posizione e se la Lagarde sarà accomodante non faremo fatica a vedere nelle prossime settimane un dollaro a 1.0550.


Buona Pasqua !



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