domenica 27 ottobre 2024

I nervi sono tesi


Performance % da inizio anno.  Blu: S&P500; Nero: Nasdaq; Arancio: Eurostoxx50; Verde: SMI.)

 Non siamo ancora alla fine dell'anno,  di acqua sotto i ponti ne deve passare ancora tanta, ma se si continua con questo ritmo avremo per la seconda volta conseutiva delle performance che supereranno il 20% per quanto riguarda i mercati azionari americani ed oltre il 10% per quelli europei. Scusate se è poco! 

Ad ogni modo consigliamo di tenere i piedi ben piantati per terra in quanto abbiamo davanti  a noi le elezioni americane e non pochi problemi geopolitici; entrambi potrebbero rovinare la festa. Secondo Jamie Dimond, il potente CEO di JPMorgan,  siamo già entrati nella Terza Guerra Mondiale... Potrebbe non avere tutti i torti. 

Comunque sia dimentichiamo per un attimo la terza guerra mondiale e concentriamoci sulle performance delle borse. I motivi del loro esubero sono innumerevoli e quasi tutti ben noti a chi legge con una certa assiduità i nostri Appunti: oggi ne selezioniamo tre che vorremmo brevemente commentare:

1) Crescita economica 

Se ben vi ricordate (andate a rileggere gli appunti del 5 gennaio 2023 ), dopo il repentino aumento dei tassi di interesse a seguito di una rediviva inflazione che in certe Nazioni aveva raggiunto la doppia cifra, si sarebbe dovuto entrare in recessione dopo 12/18 mesi o almeno è quello che la teoria economica prevede. Orbene, sono passati più di due anni e mezzo (marzo del 2022) ma negli USA per il momento di recessione non c'è traccia.  Meglio così! Comunque martedì 30 ottobre avremo la possibilità di controllare qual'è lo stato di salute della crescita a stelle e strisce: nel pomeriggio verrà pubblicato il PIL (Q3) atteso al 3%;  se fosse confermato è una crescita di tutto rispetto soprattutto se paragonata a quella europea. 

Nel nostro continente la situazione è più aderente a quello che suggerisce la teoria economica. Sappiamo per certo che la Germania chiuderà il secondo anno di fila in leggera recessione: non andrà un granché sotto lo zero ma pur sempre di recessione stiamo parlando. Gli altri Paesi vanno un po' meglio ma sono sfuggiti alla recessione solo grazie ad un abbondante e a volte sconsiderato abuso del credito; non è quindi tutto oro quello che luccica. Nelle condizioni in cui ci troviamo avere delle borse che sono riuscite ad issarsi fino ad un 10% è un risultato notevole ma non ci montiamo troppo la testa. Il piedistallo sul quale abbiamo edificato una tale performance è deboluccio e la cosa ci deve indurre alla prudenza.

2) Tagli ai tassi

Non passa giorno che non si faccia accenno al taglio dei tassi d'interesse ma non è detto che BCE e FED debbano a tutti i cosi operare in sincronia. 

In America i rendimenti dei Treasury, dopo una capatina al di sotto del 4%, son tornati a crescere e da qualche settimana li registriamo costantemente sopra il 4%. C'è chi spiega il fenomeno adducendo alla discreta crescita economica e al buono stato di salute del mercato del lavoro. Altri stanno teorizzando una ripartenza dell'inflazione spinta, tra gli altri fattori,  dai programmi del futuro presidente americano chiunque esso sia. Entrambi i contendenti alla presidenza non hanno nessuna intenzione di metter un freno all'indebitamento: è stato calcolato che nei 4 anni di possibile presidenza  Trump il debito pubblico americano potrebbe salire di 7.5 trilioni di dollari; se invece alla presidenza ci andrà Harris il debito salirà solo, si fa per dire, di 3.5 trilioni. Questo stato di cose non solo spiega in parte il ritorno dei rendimenti sopra il 4%  ma anche la scalata dell'oro che sembra non avere più limiti proprio come i debiti americani che fanno paura. Insomma, deduciamo noi, fretta di far scendere i tassi sembra non ve ne sia...


e quindi con ogni probabilità bisognerà ridurre le attese sul numero di tagli previsti nel 2025. Quelli previsti entro la fine dell'anno sono al massimo due di un quarto di punto. Ci stiamo chiedendo fino a che punto questa visione sia già scontata dal mercato...


...ma intanto sembra che gli investimenti nel mercato monetario siano parecchio gettonati: vorrà pure dire qualche cosa...


Soffrono anche le obbligazioni in dollari ma la cosa, con lo scenario che abbiamo appena descritto, non ci sorprende più di tanto. Noi di obbligazioni in dollari ne abbiamo ma non hanno una duration eccessiva e resteranno quindi nei depositi... 

In Europa invece i tassi devono scendere eccome: con una Germania in recessione e con il processo di deflazione che ha subito una preoccupante accelerazione bisogna intervenire con una certa decisione. 


Non siamo i soli a pensarlo. Molti economisti iniziano a teorizzare che il prossimo taglio della BCE (12 dicembre) sarà per forza di mezzo punto. Noi vogliamo crederci. 


3) Utili societari americani

Se hai un'economia che tira ed un consumatore felice di esserlo sono le condizioni essenziali grazie alle quali gli utili societari hanno una buona chance di continuare a crescere. Se prendiamo il raggruppamento per settori delle azioni BICS (Basic; Industrial; Consumer e Services) l'incremento stimato degli utili per le 3081 società coinvolte era del 4.2% ma la realtà è per l'ennesima volta più rosea:


siamo infatti al 5.65% con il settore dei consumi discrezionali (quelli ai quali si rinuncia più facilmente quando non si ha denaro in tasca) quello dei servizi pubblici e i finanziari che hanno aumentato gli utili ben oltre le aspettative. 
E' chiaro che simili numeri giustificano in parte l'elevato rapporto tra prezzo e utili (P/E) di molte azioni ma fino a quando si riuscirà a battere le aspettative degli analisti? Fintantoché si potrà contare su dei consumatori spensierati e la disoccupazione non aumenterà a vista d'occhio probabilmente i dati societari probabilmente continueranno a sorprenderci. Ma, come abbiamo visto,  i tassi potrebbero scendere meno del previsto e creare qualche problema... Restiamo vigili!  

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Il modello di Ned Davis aveva previsto un mese di ottobre più ballerino ma per il momento la correzione non si è vista e ovviamente non ci lamentiamo!  Ci stiamo comunque chiedendo come reagiranno i mercati una volta che sapranno chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti e francamente facciamo fatica a darci una risposta. Potremmo anche restare delusi dell'uno e dell'altro per motivi diametralmente opposti;  se vi dobbiamo dire la verità nessuno dei due ci entusiasma eccessivamente... Noi non diamo troppo per scontato la ripartenza dei mercati dopo il 5 novembre ma il modello di Davis dice tutt'altra cosa... è probabile che, come sempre, abbia ragione lui.




Era da settimane che non si vedeva uno S&P500 (+21.77% ytd) così mal impostato e chiudere la settimana con una performance negativa;  prima o poi doveva succedere... E' da inizio anno che, salvo brevi periodi (aprile e luglio) siamo a livello di RSI costantemente in ipercomprato: non ci ricordiamo di aver mai vissuto una situazione simile. 



La prossima settimana sarà importantissimo assistere alla pubblicazione degli utili da parte di quasi tutti i Magnifici 7 che hanno il gravoso compito di giustificare e sostenere il P/E dello S&P500. Certo è che se i numeri sono come quelli di Tesla, allora il compito sarà di quelli facili facili, ma alla prima delusione avremo un bel movimento ribassista da contrastare. Di sorprese (troppo) negative pensiamo comunque che non ve ne saranno. 


Finalmente il Nasdaq (+23.36% ytd) è riuscito per un istante a battere se stesso ed ha comunque chiuso la settimana (grazie Tesla!) con un buon rialzo. Le rese ben oltre il 4% sembrano per il momento non disturbarlo più di tanto e come detto la prossima settimana potrebbe essere una di quelle trionfali (grazie ai M7 arriveremo a 19'000 punti?) oppure trasformarsi in un accidentato calvario anche se le probabilità di un simile disastro sono per il momento minime.



L'Eurstoxx50 (+9.33% ytd) a nostro giudizio sta facendo miracoli... anche questa settimana è riuscito a rimanere all'interno del canale di scorrimento laterale ma ci sono due segnali contrastanti che facciamo fatica ad interpretare: i volumi della settimana sono chiaramente al ribasso segno della disaffezione degli investitori che hanno scaricato posizioni mentre la media mobile a 50 giorni (linea viola) ha forato al rialzo sia la media mobile dei 100 giorni (linea verde) che dei 200 (linea blu): un golden cross perfetto che dovrebbe sostenere l'indice... come detto abbiamo le idee confuse.


Lo SMI (+9.39% ytd) questa settimana ha lasciato sul terreno un punto percentuale. Tecnicamente ha raggiunto sia la media mobile dei 50 giorni che fa da supporto e, in un classico pull back, si è adagiato sul lato superiore del triangolo tratteggiato che funge anch'esso da supporto: in questi casi sarebbe pronto a ripartire nella direzione della freccia verde... di norma è quello che succede anche se lo scenario geopolitico non è dei migliori... Vogliamo considerare il franco e, perché no, la borsa svizzera un bene rifugio e quindi non disperiamo: con quanto sta succedendo nel mondo qualche chance di sopravvivenza gliela vogliamo dare.

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Quando la volatilità implicita aumenta in modo importante significa che è in corso una aumento della percezione del rischio che nel nostro caso può essere sia di natura finanziaria oppure derivata da tensioni geopolitiche. E' chiaro che lo scenario di un taglio consistente ai tassi europei (diciamo di mezzo punto) sta mettendo l'euro contro dollaro  sotto pressione mentre gli eventi mediorientali stanno facendo il resto. In buona sostanza c'è della grande incertezza in circolazione e questo spread ce lo sta dicendo a gran voce!


E' impressionante come gli scenari cambiano di direzione in un men che non si dica. Un paio di settimane fa eravamo qui a dissertare se fosse il caso di vendere il dollaro considerato lo sfondamento di quota 1.11 e per fortuna abbiamo resistito alla tentazione... Ora ci troviamo nella situazione opposta. Non stiamo ancora pensando di comprare dollari (abbiamo sempre le elezioni in testa....) ma diciamo che per il momento siamo impressionati da come il dollaro ha forato al ribasso con grande facilità tutte le medie mobili... è decisamente un segnale di forza relativa a breve termine certamente causato dall'aumento delle rese.


Decisamente interessante la situazione che si è venuta a creare tra euro e franco: siamo praticamente incuneati nella testa del triangolo e la prossima settimana da qualche parte dovrà pure sfondarlo: la logica ci suggerirebbe verso il basso soprattutto a causa delle tensioni geopolitiche... siamo meno propensi a credere che il taglio di mezzo punto acceleri il ribasso della moneta europea in quanto anche la BNS non starà di certo a guardare e taglierà anch'essa. E' vero che non sarà un taglio di mezzo punto ma siamo certi che non vorrà avere a che fare con un franco ipertrofico e di conseguenza almeno un altro taglio lo possiamo mettere in conto.



Abbastanza coerente anche l'aumento del dollaro/franco anche se di norma quando la tensione sale il franco ne approfitta per rafforzarsi... a noi ovviamente non da fastidio vedere un dollaro più tonico!


E' da diverse settimane che il bitcoin non riesce a sfondare la resistenza... probabilmente aspettano tutti le elezioni e con una eventuale vittoria di Trump potrebbe anche decidersi di muoversi. Siamo sempre dell'opinione che per fare nuove posizioni bisogna aspettare che evolva sopra i 69'000 $.


Oro come sempre superstar!  E' decisamente il suo momento sostenuto dai guai mediorientali e dalla voglia di accumulo da parte di parecchie banche centrali. Non accenna a diminuire neppure quando il dollaro e i rendimenti salgono:



E' evidente che il dollaro (linea verde rappresentato dal DXY) è stato attratto al rialzo dall'aumento delle rese del Treasury a 10 anni (linea rossa). Di norma c'è una correlazione inversa tra l'aumento del dollaro e l'evoluzione dell'oro, correlazione che a partire da ottobre è evidentemente saltata.

Buona domenica!  (ricordatevi di regolare l'orologio...)





domenica 20 ottobre 2024

BCE: troppa cautela...

 


Non ci ricordiamo quando è stata l'ultima volta che il direttivo della BCE ha deciso all'unanimità  di dare una sforbiciata ai tassi dello 0.25%,  ma è quello che è successo giovedì 17 ottobre: di norma c'è sempre qualche tedesco od olandese che si oppone ai tagli... la situazione deve quindi essere seria! I motivi che hanno spinto la BCE a prendere una corale decisione saranno decisamente molti ma pensiamo che due hanno avuto la prevalenza sugli altri:

1) L'inflazione europea si sta letteralmente schiantando, come testimoniato dai dati del 17 ottobre:

  • Inflazione europea yoy settembre             : 1.7% (atteso: 1.8%; precedente: 2.8%)
  • Inflazione di base europea yoy settembre: 2.7% (atteso: 2.7%; precedente: 2.7%)
  • Inflazione Francia yoy settembre             : 1.1% (atteso: 1.2%; precedente: 1.2%)

Se vi ricordate bene ad agosto l'inflazione era ancora al 2.8% e a settembre si è quasi dimezzata: il rischio di deflazione non è completamente da escludere ed un veloce e generale calo dei prezzi, per quanto possa essere una buona notizia, non lo è necessariamente per le aziende che vedendo ridursi il margine di profitti potrebbero anche procedere a dei licenziamenti e ad una riduzione degli investimenti. Di norma quando la domanda aggregata (persone + imprese) tende a diminuire con decisione in un lasso di tempo molto breve il fenomeno non va sottovalutato . Se continua così, non è da escludere che si possa fare tutti le fine della Germania che è in recessione da almeno due anni. 

2) La crescita economica, soprattutto tedesca, langue:










Non passa settimana che il The Economist non sottolinei l'asfittica crescita economica della Germania.  I Tedeschi hanno coniato un termine, "schadenfreude" difficilmente traducibile in italiano, con il quale descrivono quel sottile piacere che si prova per le disgrazie altrui.   Intuiamo che per la testata inglese, più che un sottile piacere, è un vero e proprio godimento evidenziare quanto siano seri i guai tedeschi anche se a ben vedere pure loro, in quanto a crescita economica, non brillano di certo: sono solo una tacca sopra i germanici...

Fatto sta che la Germania è da 5 anni che sta marciando sul posto o quasi e sono soprattutto le aziende energivore che stanno soffrendo maggiormente. La cosa non sorprende: la chiusura affrettata delle centrali nucleari e la dipendenza dal gas russo hanno avuto il loro peso... Italia e Francia sembrano in una situazione migliore ma a ben vedere la loro crescita  è stata generata da un abbondante ricorso all'indebitamento che contribuisce ad annoverare  l'Italia tra i paesi più indebitati al mondo e recentemente sembra che anche la Francia voglia raggiungerla in questa poco invidiabile classifica.

Riassumendo:  la Germania non cresce anche a causa delle sue regole di bilancio che la condannano a marciare sul posto mentre Italia e Francia crescono ma a suon di debiti che soprattutto negli ultimi 2 anni sono costati un occhio della testa. Noi saremmo stati favorevoli ad un taglio di mezzo punto ai tassi europei che avrebbe dato fiato ai tedeschi e ridotto i costi dell'indebitamento Italiano e Francese. La BCE è più prudente e speriamo che a) sappiano quel che stanno facendo e che b)  non sia troppo tardi...

Il prossimo appuntamento con le Banche Centrali lo avremo il 12 dicembre dove BCE e BNS terranno la loro ultima sessione del 2024: per ambedue sono previsti tagli di un quarto di punto ai rispettivi tassi.



Per il momento il taglio ai tassi europei ha generato un piccolo movimento rialzista sui prezzi obbligazionari ma non possiamo certo dirci particolarmente impressionati... mezzo punto avrebbe avuto un altro effetto!

***


Se facciamo un salto negli USA non possiamo fare a meno di notare il comportamento dei rendimenti dei Treasury che a quanto pare non riescono a scendere sotto il 4% o se ci riescono (2 e 5 anni) lo sono di poco. Si inizia a pensare che le probabilità di un ritorno di Trump alla Casa Bianca siano al rialzo ed in base al suo programma, ammesso e non concesso che lo potrà implementare,  l'inflazione americana potrebbe anche tornare a crescere;  il mercato a quanto pare sta già reagendo. Non solo i rendimenti stanno salendo ma anche il bene rifugio per eccellenza contro i pericoli inflazionistici sta prendendo nuovamente il volo:


L'oro, dopo un paio di settimane di consolidamento, ha ripreso il suo percorso rialzista. Noi non siamo in grado di dire dove potrà arrivare ma ci ha pensato la London Bullion Market Association a definire un target che lo vede a 2917 dollari all'oncia per fine ottobre 2025 (+7%). Per il momento il metallo giallo rimane nei nostri depositi...

Ma ritorniamo al 4% di resa dei Treasury: ci stiamo chiedendo se il mercato azionario americano abbia già scontato il fatto che i rendimenti potrebbero assestarsi a questi livelli senza scendere ulteriormente... non lo sappiamo ancora ma stiamo cercando di capirlo. Una resa del 4%, quasi senza rischi, potrebbe fare una bella concorrenza alle azioni ma per il momento i mercati azionari  (soprattutto americani) continuano a crescere e pare che nulla li possa turbare.

Parecchi osservatori si stanno interrogando sulla natura di questo fenomeno e quasi tutti sono d'accordo nello scomodare le teorie che fanno capo alla paura di restare fuori dal mercato e di non partecipare alla grande festa. Si parla anche di "sindrome di invincibilità" del mercato che induce a sottovalutare se non addirittura ad ignorare i rischi di mercati che potrebbero già essere entrati in una bolla speculativa. Se così fosse allora bisogna anche parlare di HYPE facendo riferimento ad un eccessivo entusiasmo per un titolo (Nvidia), un settore (AI) o un intero mercato (Nasdaq) che vengono approcciati senza il necessario spirito critico e finiscono nei nostri depositi semplicemente perché si vuol seguire l'euforia del mercato.

Gli fa eco il già visto FOMO ( Fair Of Missing Out), altro fenomeno da non sottovalutare, che fa capo alla paura di perdere un'opportunità e si acquista semplicemente quello che tutti stanno acquistando senza porsi troppe domande. 

Siamo anche andati a vedere se gli investitori, a questi livelli vicini ai massimi storici, si stanno in un qualche modo proteggendo (clicca sul grafico per una maggior chiarezza):


A quanto pare, ed è sorprendente, il put/call ratio è ai minimi: significa che si continua a comprare call (diritti di acquisto) in modo esuberante e ben pochi stanno acquistando put (diritti di vendita) che sono da considerare delle vere e proprie assicurazioni in caso di catastrofe... insomma è la prova provata che la sindrome di invincibilità del mercato è tra di noi... Siamo tutti esageratamente long! Non vi fa un po' paura? 


Comunque sia, esageratamente long o no, il nostro amico Ned Devis continua a stupirci: siamo a metà ottobre e della piccola correzione che prevedeva il suo modello per il momento non c'è traccia... Intendiamoci, meglio così ma forse una piccola pausa avrebbe fatto del bene. Vediamo ora se andremo avanti fino alla fine come il modello suggerisce.



Lo S&P500 (+22.95% ytd) sta inanellando un record storico dietro l'altro e sta andando dritto dritto verso i 6'000 punti... A quanto pare agli investitori sapere che è pagato più di 25 volte gli utili (P/E: 25.14) non interessa più di tanto: la stagione degli utili per il momento non ha riservato sorprese negative e quelle positive (vedi ad esempio Netflix con un +10% dopo i risultati ) lo stanno sostenendo a piene mani... In effetti di cambiamenti di trend non se ne vedono e quindi noi nello S&P500, anche se con po' di apprensione, ci restiamo...



Anche il Nasdaq (+23.17% ytd) sta cercando di raggiungere il record storico messo a segno ai primi di giugno e siamo convinti che presto ci riuscirà. Siamo sempre più curiosi di vedere searriverà ad issarsi dove ci dice l'analisi tecnica: il foramento al rialzo del triangolo rosso di qualche settimana fa ci porta verso i 19'500 punti... (anche se, senza una pausa, ci sembra una follia...)


Con un taglio ai tassi di uno scontato quarto di punto non si poteva pensare che l'Eurostoxx50 (+10.28%) facesse numeri da circo. Infatti si è limitato a fare un piccolo rialzo che però ha avuto il pregio di allontanare l'indice dal supporto. Le medie mobili si stanno incrociando (freccia nera)  e potrebbero dare vita ad un golden cross che aiuterebbe ad evitare danni. E' sempre più probabile che andremo a fine anno in orizzontale e lo termineremo con un indice a questi livelli o poco più. (Comunque sia una performance del 10% non la si butta!)



Lo SMI (+10.68% ytd) continua la sua azione di sviluppo all'interno del canale ascendete di medio periodo senza troppi sussulti. Bene così. Avevamo intercettato un triangolo discendente (linee tratteggiate) che per fortuna è stato perforato al rialzo e possiamo quasi dire di essere fuori pericolo. Siamo anche supportati dalla media mobile dei 200 giorni (vedi freccia blu) che guarda caso sta seguendo pari pari la linea del supporto del nostro canale ascendente;  questo ci lascia più tranquilli. Non sappiamo se la BNS interverrà a sorpresa prima del 12 dicembre (dipenderà dalla forza del franco)  ma per quella data ci aspettiamo un'ulteriore limata ai tassi che male non farà di certo. 


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L'euro è già da un paio di settimane che si sta indebolendo contro dollaro: evidentemente il ritorno delle rese americane sopra il 4% non è passato inosservato ed ha avuto la precedenza sul taglio dei tassi europei. Tecnicamente siamo in ipervenduto (cerchietto rosso) e quindi non è improbabile un rimbalzo dell'euro ma pensiamo che finiremo l'anno più o meno attorno ai livelli di dove l'abbiamo iniziato...


Siamo invece un pochino più in ansia per euro/chf: nelle ultime due settimane si è formato un triangolo che dovrebbe risolversi la prossima settimana: una foratura al ribasso non è auspicabile (per chi pensa in chf) in quanto potrebbe portare l'euro a rivedere i minimi di inizio anno se non addirittura andare oltre... in quel caso non escludiamo un intervento fuori calendario da parte della BNS durante il mese di novembre. Ovviament, per chi pensa in euro,  lasciamo pure che il franco si apprezzi, eccome!


Momento particolarmente significativo per il bitcoin! Siamo praticamente appicciati alla resistenza: se la supera diventa un bel segnale d'acquisto. Prima di muoversi attendere comunque che abbia superato i 69'000 punti... Anche in questo caso un possibile ritorno di Trump alla presidenza aiuta...

Buona domenica!


domenica 13 ottobre 2024

Minute della FED e CPI

 Per chi non ama troppo i numeri, l'edizione odierna di Appunti Finanziari potrebbe risultare meno indigesta del solito. Infatti ci limitiamo a portare alla vostra attenzione solo un paio di eventi che hanno avuto il pregio di fare un po' di chiarezza sul futuro prossimo dei tassi d'interesse, soprattutto americani,   con dei risvolti da non sottovalutare anche per quanto concerne quelli europei.

Partiamo subito ed andiamo a dare una sbirciatina a quanto c'è scritto nelle minute della FED dell'ultima riunione (17/18 settembre) che sono state pubblicate lo scorso mercoledì. Le minute non sono nient'altro che degli accurati verbali  riguardanti le sedute della Banca Centrale Americana (FED) e vengono rese pubbliche di norma dopo tre settimane. Questo lasso di tempo permette un'attenta stesura del verbale e soprattutto serve a stemperare eventuali reazioni eccessive che possono verificarsi subito dopo le decisioni della FED. 

Da quanto abbiamo appreso, possiamo riassumere il FED pensiero come segue: 

  • L'approccio ai tagli ai tassi di interesse deve essere cauto. (E' chiaro che questa affermazione, diciamo noi, è in contrasto con quanto finora accaduto: ricordate il mezzo punto di tre settimane fa? E' un taglio piuttosto deciso...)
  • Alcuni membri del FOMC non nascondono una certa preoccupazione per dei tagli troppo rapidi e consistenti ai tassi che potrebbero impedire un ritorno dell'inflazione al 2%. Alcuni di loro sottolineano che i costi di un allentamento troppo rapido sono maggiori rispetto a quelli generati da un ritmo di tagli più graduale.
  •  Altri membri sottolineano invece i rischi provocati da un allentamento tardivo dei tassi che potrebbe penalizzare parecchio la crescita economica.
  • Pur riconoscendo che l'economia americana è ancora solida ed il mercato del lavoro è stabile, l'inflazione non è ancora dove deve essere. Quindi non c'è fretta nell'accelerare il taglio ai tassi, si continuerà a monitorare i dati economici e solo quando ci sarà la convinzione che bisogna tagliare si taglierà.

Quindi nulla di nuovo all'orizzonte: Powell e compagni non procederanno molto speditamente a ridurre i tassi e questo ovviamente non era quello che il mercato voleva sentirsi dire. Già lo sapevamo ma vederlo ribadito nero su bianco fa ancora un certo effetto:


Fatto sta che i rendimenti dei Treasury hanno continuato a salire anche questa settimana. Il decennale ha chiuso con una resa del 4.10% e ci stiamo chiedendo fino a quando i rendimenti potranno salire senza dare troppo fastidio ai mercati finanziari: non sono pochi gli analisti che pensano che fino ad una resa del 4.5% non ci saranno grossi problemi, soprattutto per le borse,  in quanto questo aumento in fondo ci sta dicendo che l'economia americana è appunto in buona salute. Potremmo prendere questa interpretazione per buona ma noi preferiamo attendere la pubblicazione dei dati del terzo trimestre prima di sbilanciarci. A nostro giudizio sono quest'ultimi che ci daranno un'idea più precisa dell'effettivo stato di salute del tessuto economico americano. 

I dati del terzo trimestre delle banche americane, pubblicati venerdì, non sono stati eccezionali soprattutto a causa, un po' per tutte le banche,  di una diminuzione dei ricavi da interesse. La prossima settimana saranno una quarantina le aziende che renderanno noti i loro numeri ed allora si entrerà nel vivo della questione. Vedremo se anche nel terzo trimestre saranno quasi esclusivamente i Magnifici 7 a fare la parte del leone. Sarebbe importante che anche altre aziende forniscano un maggior contributo; se così fosse, saremmo anche noi maggiormente convinti del buono stato di salute dell'economia americana. In caso contrario tutta questa concentrazione di utili su una manciata di aziende, lo intuite anche voi, è pericoloso...


Giovedì 10 ottobre abbiamo fatto un esamino allo stato di salute dell'inflazione americana:


  • CPI yoy          : 2.4% (atteso: 2.3%; precedente: 2.5%)
  • Core CPI yoy: 3.3% (atteso: 3.2%; precedente: 3.2%)
Avrete già capito che il dato che più ha deluso l'investitore è quello relativo all'inflazione di base (core cpi, quello preferito dalla FED) che era attesa al 3.2% ed invece è stata registrata un pochino più alta. Questo stato di cose porta acqua al mulino di coloro che preferiscono procedere con riduzioni dei tassi meno clamorose ma reiterate nel tempo piuttosto che procedere con il machete in modo grossolano. Nel caso americano pure noi pensiamo sia giusto procedere con una certa prudenza;  ancora oggi non riusciamo a darci una risposta convincente sul perché Powell, a settembre,  abbia adottato un taglio netto di mezzo punto. Forse perché ad ottobre non è prevista una riunione della FED e si è voluto procedere con il mezzo punto che va distribuito su due mesi... Comunque sia, un simile core cpi ha letteralmente seppellito la possibilità che al 7 di novembre si possa assistere ad un altro taglio di mezzo punto. Accontentiamoci di uno 0.25%.



Giovedì 17 ottobre ci sarà un'attesa riunione della BCE: considerato lo stato di salute dell'economia Europea (con una Germania che probabilmente chiuderà anche quest'anno con una recessione...) saremmo sorpresi se non tagliasse i tassi di almeno un quarto di punto. La gradita sorpresa sarebbe un mezzo punto ma, per quanto non manchi molto, non è ancora Natale... Pare comunque evidente a tutti che in Europa si necessita di alcuni tagli piuttosto decisi in quanto in recessione ci stiamo andando e anche piuttosto velocemente. Se l'America può permettersi di utilizzare il fioretto in Europa il machete ci sembra lo strumento più appropriato per dare un taglio ai tassi ed evitare il peggio.


***

Si dice spesso che l'evoluzione della borsa è un efficace termometro con il quale misurare la temperatura di un'economia. Forse andrebbe specificato che le borse riflettono le aspettative degli investitori e, più che fornirci un quadro dell'attuale stato di salute di una economia,  è una buona rappresentazione di cosa gli investitori e/o gli analisti si attendono per il futuro. 

Date un'occhiata allo schema qui sotto dove sono rappresentate le stime dello S&P 500 per il 2025; la linea verticale punteggiata è dove si trovava il 7 ottobre l'indice:

 E' interessante osservare che solo una manciata di banche prevedono uno S&P500 per il 2025 ad un livello più alto dell'attuale. Goldman Sachs, che notoriamente non è l'ultima arrivata, è tra le più ottimiste e stima che questa borsa si avvicinerà ai 6'000 punti già per fine anno.  Tutte le altre tendono invece a pensare che il 2025 non sarà un anno come quello attuale dove praticamente ogni settimana  lo S&P500 mette a segno un massimo storico. E' invece parecchio pessimista (come sempre) JPMorgan  che si aspetta un crollo del 38% (gesti scaramantici concessi...).
Che lo S&P500 sia costoso lo sappiamo (ricordate il P/E di Shiller?) ma è in gran parte supportato dalle aspettative degli utili per azione (EPS) previsti per il 2025 (275$) e per il 2026 (307$). Se in pochi vedono lo S&P500 andare sopra i 6000 punti siamo autorizzati a pensare che sono parecchi gli analisti che non credono sia possibile spingere gli EPS dello S&P500 così in alto... 

Soprattutto JP Morgan è particolarmente negativa, come mai? Abbiamo citofonato alla diretta interessata ponendo la domanda. Ecco la risposta:

Uno dei principali motivi è il significativo carico di debito che scadrà nel 2025. Si prevede che circa 800 miliardi di dollari di debiti delle aziende dell'S&P 500 (escludendo il settore finanziario) dovranno essere rifinanziati, in un contesto di tassi di interesse più alti e condizioni finanziarie restrittive. Questo aumenta i costi del debito e riduce i margini di profitto per molte aziende, mettendo pressione sugli utili futuri.

Inoltre prevediamo che gli utili delle aziende cresceranno a ritmi molto bassi, e c'è preoccupazione per un possibile declino del 30% degli utili in caso di recessione, in linea con quanto osservato in precedenti rallentamenti economici. Anche il contesto geopolitico incerto e i rischi per il settore immobiliare commerciale contribuiscono a questa visione pessimistica.

Infine segnaliamo che le valutazioni attuali dell'S&P 500 sono disallineate rispetto ai tassi di interesse reali, creando un "punto cieco" che potrebbe portare a correzioni significative del mercato​.

Ancora una volta un messaggio che ci dovrebbe indurre alla prudenza...


Comunque sia lo S&P500 (+21.91% ytd) dei vari P/E e P/E di Shiller per il momento se ne fa un baffo e continua la sua scalata in direzione dei 6'000 punti che potrebbero essere raggiunti per fine anno. Goldman Sachs si sbilancia e ci offre un'ardita previsione a 12 mesi che vede questo indice raggiungere i 6'300 punti (che sarebbe in linea con lo sviluppo atteso degli utili societari che abbiamo appena visto...). 

Dobbiamo ammettere che anche l'analisi tecnica ci sta dando un'indicazione che presto i 6'000 punti potrebbero essere raggiunti: da quanto lo S&P ha forato la resistenza dei 5'650 punti non è più tornato indietro. La linea tratteggiata in blu indica il target che dovrebbe raggiungere l'indice da quando a metà settembre ha forato la resistenza e non siamo molto lontani dai 6'000 punti. (clicca sul grafico per una miglior visione). 

Per il momento dobbiamo riconoscere che segnali di inversione del trend rialzista non ne vediamo e quindi, coerentemente, occorre restare nel mercato.



Anche il Nasdaq (+22.19% ytd) non accenna a scendere sotto i 18'000 punti... nel suo caso i dati societari che verranno pubblicati nelle prossime settimane sono ancora più importanti e determineranno se i quasi 19'000 punti che indica il nostro modello saranno raggiunti. Inutile dire che abbiamo già in mano una lente d'ingrandimento grande così che utilizzeremo per fare le pulci ai numeri che verranno pubblicati. Per il momento teniamo anche questo indice nel portafoglio...



Di norma un taglio ai tassi dovrebbe far del bene anche alle borse: sarebbe strano se giovedì prossimo  l'Eurostoxx50 (+10.67% ytd) non dovesse approfittarne. Siamo comunque soddisfatti che anche questa settimana è riuscito nell'impresa di restare all'interno del canale di scorrimento laterale senza andare neppure a testare il supporto. Non ci aspettiamo grossi movimenti ma, come detto più volte, se rimano a questi livelli fino alla fine dell'anno siamo contenti.



Notizia interessante (anche se datata): l'inflazione in Svizzera è scesa sotto l'1% (0.8%) e questo apre la strada ad ulteriori tagli ai tassi: ce ne potrebbero essere ancora due entro la fine dell'anno. Uno durante l'ultima riunione della BNS per quest'anno prevista il 12 dicembre e l'altro taglio potrebbe arrivare a sorpresa nelle prossime settimane qualora il franco svizzero dovesse rafforzarsi eccessivamente.

Il trend di medio periodo dello SMi (+9.13% ytd) è intatto ma, purtroppo, non siamo tranquillissimi: ci sembra di aver individuato un triangolo discendente (due linee tratteggiate) che in caso di rottura al ribasso potrebbe portare il nostro indice a testare gli 11'350 punti (-7%) riducendo significativamente il guadagno da inizio anno. E' chiaro che anche in questo caso gli scongiuri non sono un optional...  Il taglio dei tassi da parte della BCE e la prospettiva che potrebbe succedere la stessa cosa anche da noi ben prima del 12 di dicembre potrebbero aiutare la borsa ad evolvere positivamente e a forare il triangolo al rialzo: se così fosse c'è una buona probabilità che lo sciagurato scenario degli 11'350 punti non si verifichi. Lo sapremo verosimilmente già la prossima settimana.



Vi avevamo detto che la Cina non aveva ancora finito di correre in aiuto della sua disastrata economia  ed infatti questa settimana ha ricevuto un altro aiutino:  sono state emesse obbligazioni speciali a lungo termine per un valore di 2,3 trilioni di yuan (circa 325,5 miliardi di dollari) che non sono bruscolini e ci forniscono un'idea di quanto siano preoccupate le maestranze cinesi. Queste obbligazioni sono  finalizzate a sostenere i governi locali, il mercato immobiliare, i cittadini a basso reddito e le banche statali nel tentativo di contrastare le pressioni deflazionistiche e il rallentamento della crescita economica che come sappiamo è aggravato dalla debolezza del mercato immobiliare e dalla bassa fiducia dei consumatori​.

L'indice CSI 300 (+13.29 ytd) ha subito questa settimana una correzione come era abbastanza facilmente ipotizzabile considerato il balzo che aveva fatto la settimana precedente. Se corregge ancora un po (dicamo fino a chiudere il primo gap che incontra) potrebbe essere un buon momento per puntare qualche soldino sui cinesi...


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Sarà interessante osservare come reagirà l'euro al taglio dei tassi di giovedì prossimo. In teoria si dovrebbe ulteriormente svalutare ed in effetti contro dollaro, che è galvanizzato dal ritorno dei rendimenti sopra il 4%, il movimento di indebolimento è già in corso. Tecnicamente contro la valuta americana è in ipervenduto ma non crediamo che ci sarà un rimbalzo di quelli clamorosi. Il dollaro resta nei nostri depositi...


Prendetelo con molta cautela, ma ci sembra di aver identificato un spalla-testa-spalla che se evolve nella direzione sbabagliata potrebbe, BNS permettendo, portare euro/franco attorno ai 92 centesimi. Ripetiamo non siamo assolutamente certi ma con un taglio ai tassi in arrivo da parte della BCE può succedere di tutto. La prossima settimana è importante che l'euro non vada sotto lo 0.9350 (che corrisponde alla riga rossa orizzontale) che innescherebbe il potenziale ribassista del spalla-testa-spalla.


Anche contro franco il dollaro si sta riprendendo. Ci piacerebbe vederlo andare con una certa decisione sopra gli 86 centesimi ma per il momento quel che più conta è che si sta allontanando dagli 84 centesimi sotto i quali si apre una voragine che ci riporta alla mente lo 0.79 dell'agosto 2011...


Buona domenica!



domenica 6 ottobre 2024

Ritorna l'inflazione?

 Abbiamo appena archiviato il terzo trimestre di quest'anno e, malgrado un mese d'agosto piuttosto ballerino, per essere storicamente quello più debole per i mercati finanziari non possiamo lamentarci più di tanto. L'inflazione sembra essere indirizzata nella giusta direzione, le principali Banche Centrali continuano il loro ciclo di tagli ai tassi che dovrebbe evitare l'entrata in recessione dell'economia e lo scenario geo-politico, che in altri tempi ci avrebbe fatto vedere i sorci verdi, per il momento non sembra preoccupare più di tanto gli investitori. I dati americani del terzo trimestre debutteranno la prossima settimana e gli analisti non si aspettano sorprese tali da farci rizzare i capelli in testa.  Tutto bene quindi? Sembrerebbe, ma questa settimana abbiamo avuto il tempo di scartabellare qualche grafico e ci siamo accorti che qualche cosa non sta andando proprio nelle giusta direzione... 


Il Vix, la nostra cartina di tornasole dello stato di salute emotivo dei mercati, parla abbastanza chiaro: da diverse settimane non c'è verso di rilassarsi e pur restando attorno al 20 è come se lievitasse in un costante stato di pre-allarme senza sapere bene di cosa aver effettivamente paura...

Una di queste paure potrebbe essere il coinvolgimento diretto dell'Iran nel conflitto Mediorientale con conseguenze non facilissime da immaginare a parte il classico aumento del costo del petrolio che è già sotto i nostri occhi:



...rimane abbondantemente sotto gli 80 $ per barile ma...


...negli ultimi tre giorni il prezzo è salito di quasi un 10%...

...mentre le scommesse tramite opzioni riguardanti il prezzo del barile a 100$ per novembre sono letteralmente esplose. Non arriverà a 100 $ ma intanto c'è chi specula...



Non scordiamoci che l'Iran è il terzo produttore mediorientale ed ogni giorno sforna quasi 4 milioni di barili, non sono gli oltre 9 dell'Arabia Saudita, ma tutto sommato non è un quantitativo insignificante. Per quello che finanziariamente ci concerne, dovremo entrare in fibrillazione qualora leggeremo di un blocco allo stretto di Hormuz o, ancora peggio, di un attacco israeliano all'isola di Kharg  che è il luogo in cui l'Iran carica la maggior parte delle sue esportazioni di greggio. (Clicca sull'immagine per una miglior visione).


Nel frattempo anche l'indice dei valori energetici elaborato da Bloomberg, dopo diversi mesi che volgeva al ribasso, ha ripreso a salire: siamo ancora sotto i valori di inizio anno ma sta cambiando decisamente direzione e sembra aver l'intenzione di voler forare al rialzo tutte le medie mobili... Per l'inflazione non è una buona notizia.


Così come non è una buona notizia per l'inflazione la ripresa delle quotazioni delle materie prime.

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Vi sarà pure giunto alle orecchie dello sciopero di tutti i portuali che operano nella costa orientale degli Stati Uniti che rivendicano un nuovo contratto di lavoro collettivo con tanto di raddoppio dello stipendio. Circa il 60% del commercio americano che sfrutta il trasporto via containers è stato coinvolto e, fortuna vuole, che il 3 di ottobre lo sciopero è stato sospeso fino al 15 gennaio per lasciare il tempo necessario alla rinegoziazione di un nuovo contratto. E' stato calcolato che un simile sciopero crea danni quantificabili in circa 4 miliardi di dollari al giorno ma quello che più spaventa è l'interruzione della catena di approvvigionamento che, memori di quanto successo durante il periodo del covid, può creare danni inenarrabili rallentando i siti di produzione e spedendo l'inflazione alle stelle. 

Senza entrare troppo nei dettagli,  questo sciopero ha ben messo in evidenza quanto sia imminente un profondo cambiamento generazionale del quale non conosciamo ancora gli effetti sul tessuto economico ma ne sentiremo parlare sempre con maggior frequenza.  MarketWatch, una testata economica online, in un articolo del quale vi proponiamo un breve estratto,  mette in risalto la natura del problema: 

"Nonostante le campagne di reclutamento sottolineino l'elevata retribuzione e la stabilità della carriera di scaricatore di porto, è improbabile che la realtà degli orari imprevedibili, del lavoro massacrante e della limitata flessibilità del lavoro sui moli nazionali risuoni allettante ad una generazione più giovane che, in ambito lavorativo,  dà la priorità all'equilibrio tra vita privata e lavoro e alle opzioni di lavoro a distanza, rispetto alla retribuzione lucrativa dello scaricatore di porto.

Questi cambiamenti demografici e generazionali avvengono mentre gli operatori portuali guardano all'automazione per aumentare l'efficienza e ridurre la dipendenza dal lavoro umano, aggravando ulteriormente la crisi del lavoro. Come evidenziato dallo sciopero, i sindacati si oppongono strenuamente a questi cambiamenti, considerando l'automazione come una minaccia esistenziale per i posti di lavoro. Ma anche se i sindacati riuscissero a rallentare la marcia delle macchine, si troverebbero di fronte a una cruda realtà: meno lavoratori giovani e forse meno lavoratori che vogliono lavorare sui moli."

Stiamo entrando nel sociologico e non è qui il luogo adatto per discuterne ma è innegabile che, presto o tardi,  saranno molti i settori che avranno problemi simili. I giovani hanno un'altra visione del lavoro e forse è questo il vero cambiamento che dovremo affrontare. Ne riparleremo di certo.

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Anche questa settimana non possiamo passare sottotraccia alcuni dati pubblicati in America; abbiamo scleto quelli inerenti il mercato del lavoro che, come sappiamo, è sotto la lente d'ingrandimento della FED:

  • Posti vacanti agosto: 8 mio (atteso: 7.7 mio; precedente: 7.7 mio)
  • Nuovi posti economia privata (ADP) settembre: 143k (atteso: 128k; precedente: 103k)
  • Nuove buste paga non agricole settembre: 254k (atteso: 150k; precedente: 159k)
  • Disoccupazione settembre: 4.1% (atteso: 4.2%; precedente: 4.2%)
  • Salari orari yoy: 4% (atteso: 3.9; precedente: 3.8)



Soprattutto le nuove buste paga non agricole di settembre, pubblicate venerdì pomeriggio, avranno rovinato la giornata a Powell. Il dato si discosta ampiamente dalle aspettative e mette in risalto come l'economia americana non sembra proprio pronta ad entrare in una fase di contrazione, hard o soft che dir si voglia, ed ora sono in molti a dire che il taglio ai tassi di mezzo punto effettuato a settembre è stato un azzardo:  c'è il rischio concreto che l'inflazione possa tornare a rialzare il capo. Quello che è certo è che un altro taglio di mezzo punto, in queste condizioni, sarà difficile da vedere. Accontentiamoci di un quarto e forse neppure quello, dicono i pessimisti... (prevedere se la FED a novembre farà un taglio da mezzo o un quarto sarà il tormentone del mese di ottobre... prepariamoci)

La reazione dei Treasury non si è fatta attendere...

... la curva rischia di tornare nuovamente inversa (il corto che rende più del lungo). Infatti a separare il rendimento del TB decennale dal TB a 2 anni ci sono solo 4 basis points. Tornare a vedere rendimenti sopra il 4% non è impossibile.


Anche il comparto obbligazionario in dollari, come è normale che sia, non l'ha presa troppo bene ed ha subito corretto lasciando sul posto almeno un punto e mezzo di quanto accumulato da inizio 2024. Rischiamo che l'anno, per le obbligazioni in dollari, malgrado la discesa dei tassi non sarà di quelli che resteranno imperituri nella nostra memoria.


Anche le obbligazioni in euro, sebbene in minor misura, sono state vittime di una presa di profitto... Speriamo che anche in Europa non si debba iniziare ad osservare una ripresa dell'inflazione... non vogliamo neppure pensare a come potrebbe reagire la Lagarde...

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Come ci segnala Ned Davis il mese di ottobre potrebbe essere bello ballerino. Se ha ragione che da dopo le elezioni in poi ci sarà una ripresa dei mercati fino alla fine dell'anno allora i ribassi potrebbero diventare un'occasione per rimpolpare la quota azionaria nei nostri depositi. Ma non vogliamo pensarci già adesso e soprattutto vediamo se una correzione ci sarà...



... è abbastanza probabile che durante la pubblicazione dei dati societari del terzo trimestre ci saranno di tanto in tanto alcuni numeri deludenti che indurranno alla vendita ma non ci aspettiamo, fatto salvo eventi geo-politici inaspettati, crolli spettacolari. Ricordiamoci che questo è un anno elettorale...  Insomma, crediamo proprio che non faremo la fine del povero  Willy anche se potenzialmente ci sarebbero le condizioni per vedere una correzione di almeno una decina di punti percentuali (che sarebbe salutare).

Infatti per capire come sono quotati i mercati azionari la scorsa settimana abbiamo scomodato il concetto di P/E che ci ha messo sull'attenti che se compriamo ora,  compriamo caro. Altri due parametri ci dicono la stessa cosa:



Il P/E di Shiller è una versione rivista e corretta del classico P/E ma tiene conto anche dei cicli economici. Infatti gli utili (E) sono quelli medi degli ultimi 10 anni rettificati per l'inflazione. In questo modo si riesce a valutare meglio se il mercato è sopravvalutato o meno rispetto alla sua storia. Nell'immagine vediamo lo S&P500 che con un 36.60 non è ancora arrivato ai massimi dell'inizio 2000 ma siamo comunque sopra i livelli del 1929... il solo nominare questa data un po' di farfalle nello stomaco te le fa venire. Ovviamente siamo in un periodo storico molto diverso da quello di inizio 900 ma comunque sia dobbiamo prendere atto che il principale indice azionario americano non lo regalano... Colpa dei titoli tecnologici, vero, ma allora deve farci ancor più paura quello che è successo all'inizio del nuovo millennio con l'avanzata del fenomeno internet oggi sostituito dall'intelligenza artificiale: il P/E di Shiller era a quasi a 45 e poi sappiamo cosa è successo...

Un altro modo per valutare il mercato, per intenderci quello preferito da Warren Buffett, è confrontare il valore del mercato di tutte le azioni americane con il prodotto interno lordo degli USA (PIL):


Siamo a 190... non aggiungiamo altro e comprendiamo meglio come mai Buffett stia alleggerendo la posizione azionaria.

Il messaggio è sempre lo stesso: con l'AI siamo in presenza di un cambio di paradigma epocale dal quale pare nascerà una nuova società che porterà benefici a tonnellate. Questo in un futuro non troppo lontano; il presente ci dice di stare prudenti con le azioni in quanto i mercati sembrano essere maledettamente costosi o detto, con le parole di un analista, "è un disastro in attesa di accadere".



Certo che dopo aver visto il P/E di Shiller fa un certo effetto trovare lo S&P500 (+20.57% ytd) vicino ai massimi storici. Il trend rialzista di medio periodo per il momento è sempre confermato (freccia verde) e i 5650 sembrano essere il nuovo supporto statico sul quale l'indice rimbalza... vedremo fra qualche giorno se saprà resistere alla pubblicazione dei dati del terzo trimestre... come detto prudenza e se a qualcuno vien voglia di prendere una parte dei profitti...non abbiamo nulla in contrario.


 Discorso simile per il Nadaq (+20.83% ytd). I 18'000 punti sembrano fungere da supporto statico ma non lo diamo ancora per scontato... Non escludiamo del tutto che il target a medio possano essere ancora i 19'000 e rotti punti segnalato dal tratto in blu... anche qui i risultati saranno determinati... prudenza.


L'Eurostoxx50 (+9.59% ytd) sembra voler confermare il trend laterale che lo contaddistingue dal mese di marzo in poi (eccezion fatta per agosto). Non è stata una settimana facile e qualcuno ne ha approfittato per scaricare le posizioni come confermato dai volumi in rialzo... Continuerà a svilupparsi lateralmente? L'Europa non è messa benissimo, sarebbe quindi già un buon risultato .


Lo SMI (+7.72% ytd) sta lottando caparbiamento contro sé stesso...infatti con una certa regolarità qualche suo componente di un certo peso gli gioca contro (Nestlé e Roche in primis) e anche questa settimana non fa eccezione. Diciamo che il trend di medio periodo è ancora confermato. Non ci piace il fatto che le due medie mobili a 50 e 100 giorni sono state forate al ribasso; quella dei 200 giorni (in blu) potrebbe comunque fungere da supporto ed è quello che speriamo. A livello di RSI siamo in posizione neutra e questo ci rincuora, grosse correzioni non dovremmo vederle.


Per curiosità vi facciamo vedere il mercato Cinese (il CSI300 questa settimana era chiuso per festività, riaprirà il 7.10)... La bomba sganciata dal governo cinese sembra proprio che abbia fatto effetto. Durerà? forse, intanto vediamo come aprirà martedì dopo una settimana di festeggiamenti...

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Se c'è un settore che ha reagito con una certa veemenza ai dati sul lavoro americani di questa settimana è il forex:


Dollaro/franco ha testato ripetutamente il supporto a 0.84 per poi prendere il volo venerdì pomeriggio dopo la pubblicazione delle nuove buste paga non agricole uscito inaspettatamente in forte rialzo. Con un dato del genere è abbastanza probabile che la FED rinunci ad un altro taglio consistente dei tassi a novembre e si accontenterà di un quarto di punto. Il dollaro si è subito apprezzato e 0.86 sembra essere la resistenza più prossima... non siamo lontani.


Anche contro euro il dollaro si è apprezzato in maniera consistente tanto da rientrare nel canale di scorrimento laterale che lo caratterizza dall'inizio del 2023. La media mobile a 50 giorni è stata forata e la prossima settimana vedremo se quelle a 100 e 200 giorni faranno da supporto (probabile). Per il momento il dollaro lo teniamo, noi lo vendiamo solo se supera con convinzione 1.12.



Mini ripresa anche per l'euro contro franco che comunque deve fare i conti con la media mobile dei 50 giorni che funge da resistenza e con la resistenza statica a 0.9420... per il momento abbiamo l'impressione che più che apprezzarsi si sposterà lateralmente ma per poterne essere certi serve ancora del tempo. Ovviamente gli eventi geo-politici sono sempre in agguato ed il franco è decisamente la valuta  rifugio per eccellenza...


A detta di molti analisti il bitcoin è pronto a fare il salto per andare sopra i 75'000$. Può darsi ma prima di tutto deve riuscire a superare i 69'500 dollari... se non ce la fa la direzione è quella segnalata dalla freccia rossa...

Buona domenica!