domenica 6 aprile 2025

I dazi affondano le borse






 

Scrivere questi Appunti non sarà facie in quanto anche noi, tanto quanto la Meloni di Giannelli, di questa storia fatti di dazi e gabelle varie non ci capiamo molto ma, proprio per questo,  un tentativo di mettere un po' di ordine nelle nostre confuse idee bisogna provare a farlo. Quello che seguirà non vuole essere un giudizio di parte sull'operato di Trump - ciascuno di voi, ne siamo certi,  si è già fatto un'opinione personale - ma cercheremo di ragionare ad alta voce e di commentare quelle che sono state le reazioni, violentissime,  dei mercati. 


Per quanto la politica dei dazi trumpiani è stata dallo stesso Presidente degli USA ampiamente preannunciata,  gli investitori sono stati presi in contropiede dalla severità del provvedimento per nulla atteso in queste proporzioni: ne consegue che le ripercussioni sul sistema finanziario mondiale non sono ancora completamente scontate. Se non si riuscirà a trovare qualche compromesso, difficilmente si potrà sfuggire ad una inflazione più accentuata e ad una crescita economica rallentata.  Sappiamo tutti che la velocità di crociera della crescita economica mondiale non è di quelle al fulmicotone. Molti Paesi sono fragili e basta poco per spedirli in recessione. 


La preoccupazione per una guerra commerciale scatenata da cotanti dazi, molti dei quali difficili da comprendere e digerire come ad esempio il 31% della Svizzera,  è balzata in primo piano ed è normale che gli investitori si siano spaventati: 


L'indice della paura VIX in due giorni è più che raddoppiato e fortuna vuole che di mezzo c'è un week end dove, a mercati chiusi, si può ragionare altrimenti chissà dove sarebbe andato... Non è escluso che lunedì si possa andare ancora più sù e non sarebbe ovviamente un bel segnale... come vedremo dopo il pericolo, serio, è di vedere gli indici azionari entrare in un bear market...


Non per nulla in America la sessione di borsa di venerdì ha fatto segnare un record storico: mai così tante azioni sono passate di mano in una singola giornata...





La scorsa settimana avevamo già osservato che, in tema di dazi, non si possono dare tutti i torti a Trump: quelli americani sono spesso meno pesanti di quelli di altri Paesi, quindi un certo ribilanciamento può starci ma l'iniziativa di Donald,  come mostra il grafico pubblicato nella versione online dell'Economist, a nostro giudizio doveva essere calibrata diversamente. Tutto e subito spaventa chiunque... Purtroppo Trump l'hanno disegnato così e dovremo farci l'abitudine.

Ciò non toglie che ci stiamo chiedendo cosa veramente vuol ottenere con una politica dei dazi così aggressiva e qui entriamo nell'ambito delle ipotesi in quanto chi ci capisce qualche cosa è veramente bravo!

In questi giorni abbiamo sentito un po’ di tutto, ma un paio di ipotesi su dove voglia andare a parare Donald ci sembrano condivisibili anche se ovviamente andranno verificate.

La prima:

È abbastanza probabile che anche lui sia consapevole del fatto che dazi di questo tipo creano seri problemi a molte economie e le sta aspettando al varco. Sedersi rapidamente attorno al tavolo delle trattative è il primo obiettivo da raggiungere. Il secondo obiettivo è, ovviamente, trovare per ogni Paese un giusto compromesso, in modo da evitare che i flussi economici — da una parte e dall’altra — si blocchino completamente. Siamo anche ragionevolmente certi che non esiterà a mettere sul tavolo della negoziazione pure un azzeramento dei dazi

Se non erriamo, Israele vorrebbe togliere completamente i dazi ai prodotti americani nella speranza di non venir "sanzionati" dagli USA ed ottenere un trattamento simile da parte americana. Anche il Vietnam, principale fornitore di Nike, pare voglia togliere completamente i balzelli. Insomma, questa ipotesi di azzeramento dei dazi non è così campata in aria come potrebbe sembrare. E' chiaro che se si va in questa direzione saremo confrontati con dei cambiamenti epocali e potremmo iniziare a parlare di libero scambio dove beni e servizi possono circolare tra paesi senza ostacoli quali dazi doganali, sussidi o regolamenti discriminatori. Bello ma l'ipotesi ci pare vagamente utopica.

La seconda:

Se vi ricordate bene, in piena campagna elettorale, Trump aveva promesso un taglio alle tasse per le società che sarebbero passate dal 21% al 15%. E' chiaro che una simile proposta non passa inosservata ma deve fare i conti con uno dei più grandi problemi che l'attuale Presidente deve cercare di provare a risolvere,  ovverosia l'enorme e oramai fuori controllo debito pubblico americano che si sta avviando verso i 37 trilioni di dollari (vedi debito USA cliccando qui). E' chiaro a tutti che con un simile debito un taglio alle tasse non è cosa da poco e in un qualche modo deve trovare delle fonti di finanziamento  che rendano per lo meno l'operazione di abbassamento delle imposte un affare neutro.

Abbiamo provato a fare spannometricamente alcune valutazioni: le entrate fiscali medie per gli anni che vanno dal 2021 al 2024 sono state di 4.58 trilioni di $, la metà sono generate dalla tassazione delle persone fisiche mentre circa 500 miliardi arrivano dalla tassazione delle società, il resto da tasse indirette. I dazi nel 2023 ammontavano a "solo" 80 miliardi e nel 2024 erano pochi miliardi in più. 

Se prendiamo in considerazione l'idea di abbassare le tasse societarie dal 21% al 15% otteniamo una riduzione relativa delle entrate di circa un 28.6% che su 500 miliardi corrispondono a 143 miliardi . Gli attuali dazi (80 mia) non sono sufficienti a coprire questo ammanco di entrate cosa che invece risulta piuttosto agevole con l'applicazione dei nuovi dazi che, calcoli prospettici, indicano che potrebbero fruttare dai 300 ai 500 miliardi. Trump potrebbe senza troppi problemi abbassare le tasse alle società e, se tutto va per il verso giusto, rimarrebbero anche dei soldini per ridurre il debito pubblico.

Ovviamente bisogna fare i conti con alcune variabili non facili da stimare e che rendono l'operazione aumento dei dazi piuttosto rischiosa. Infatti :

  • Le entrate da dazi sono altamente incerte. E' facile pensare che importare diventerà più costoso e si andrà verso una riduzione quasi certa dei quantitativi e della frequenza delle importazioni.

  • Il rischio di effetti macroeconomici negativi sono evidenti a partire dall'aumento dell'inflazione e da una probabile minor crescita economica che farebbe diminuire le importazioni e i relativi dazi.

  • Il deficit potrebbe comunque aumentare indirettamente per effetto di una base fiscale erosa e/o di un PIL in rallentamento.

    Insomma, se l'idea di riequilibrare i dazi ci sta, esagerare potrebbe comunque costar caro non solo agli importatori ma a tutto il sistema economico americano,  consumatori compresi (che non dimentichiamo fanno con le loro spese quasi l'80% del PIL).

    E' probabile che la seconda ipotesi sia la più realistica e quindi anche l'Europa che, come ha sottolineato l'Economist  "non riesce a capire cosa dovrebbe fare per sistemare il suo rapporto già compromesso con la nuova amministrazione",  dovrà piuttosto velocemente trovare il tempo di sedersi attorno al tavolo delle trattative prima che sia - forse già lo è - troppo tardi. 

    Per una volta accogliamo con piacere la reazione della Lagarde a proposito della questione dazi. Ascoltate cosa ha detto.  L'abbiamo fatto riassumere da chatGPT:

    La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha recentemente espresso preoccupazione riguardo ai dazi imposti dagli Stati Uniti, sottolineando che avranno un impatto negativo sull'economia globale. Ha evidenziato che l'entità di questo impatto dipenderà dalla portata, dalla durata e dai prodotti coinvolti nei dazi. 

    Inoltre, Lagarde ha sottolineato la necessità che l'Europa rafforzi la propria capacità decisionale per affrontare efficacemente tali sfide. Ha proposto una riforma del processo decisionale dell'Unione Europea, suggerendo l'adozione di un sistema di voto a maggioranza qualificata per rendere il blocco più competitivo e reattivo. Secondo Lagarde, il mantenimento del potere di veto da parte dei singoli Stati membri può ostacolare l'azione collettiva dell'UE, mentre un sistema di voto a maggioranza permetterebbe decisioni più rapide ed efficaci in risposta a situazioni come l'imposizione di dazi da parte di paesi terzi. ​

    Forse Draghi non ha strigliato l'Europa a vuoto e l'iniziativa di Trump ha fatto il resto... c'è da sperare che effettivamente l'UE colga l'occasione al balzo non solo per rispondere ai dazi americani ma ne approfitti anche per uscire dall'impasse provocato del suo sistema di voto che è una vera e propria condanna all'immobilismo.  (Ci vogliamo illudere che sia la volta buona...  se non si danno una mossa adesso forse non se la daranno mai più).

    ***

    Purtroppo la reazione dei mercati è stata violentissima: in due giorni sono andati in fumo diversi miliardi di capitalizzazione e ci potrebbe essere spazio la prossima settimana per ulteriori ribassi. Sono soprattutto i mercati americani a preoccupare in quanto dall'investitura di Trump, era il 20 di gennaio, sono 11 i trilioni di dollari che sono stati bruciati dalle borse e temiamo che una simile perdita di valore, che non mancherà di influenzare la propensione al consumo degli americani, possa accelerare l'indebolimento dell'economia. 

    E' vero che per il momento le statistiche dicono che gli ameriani hanno pur sempre un lavoro ma certe spese, se sono finanziate dai guadagni facili degli investimenti in borsa , si fanno più volentieri e soprattutto a cuor leggero. 

    Ma vediamo a che livello sono i  guadagni in borsa da inizio anno:


    Sfortunatamente si sono volatilizzati! Se una perdita dai massimi del 10% è convenzionalmente considerata una correzione, una perdita che va oltre il 20% segnala l'entrata del mercato in una fase orso (bear market)  caratterizzata da un calo prolungato e profondo. Spesso è pure accompagnato da un pessimismo difficile da sradicare che, come detto, incide negativamente sulla propensione al consumo.

    Il Nasdaq non è molto lontano dall'entrare in questa fase,  mentre lo S&P500  ed i mercati europei sembrano, per il momento,  ancora in una fase di correzione. 

    Se volete vedere il bicchiere mezzo pieno, date uno sguardo ai P/E che effettivamente, soprattutto in Europa, sono molto attraenti. Non significa che bisogna subito approfittarne: diciamo che molte azioni di società a larga capitalizzazione  sono diventate molto  più a buon mercato e se si riuscisse a sbrogliare la matassa dei dazi con una certa celerità ci sarebbe senz'altro la possibilità di fare dei buoni acquisti. 

    Non dimentichiamoci che, per quanto la situazione sia ingarbugliata, non stiamo parlando della fine del mondo. Per il momento comunque rimaniamo prudenti anche se tutti i mercati si trovano in nettissimo ipervenduto e tecnicamente sono pronti a rimbalzare. Purtroppo  un rimbalzo non sempre spazza via tutti i problemi e spesso ci trae in inganno facendoci (ri)entrare troppo presto. La questione dazi è appena partita e per un po' si comporterà come il classico invitato di pietra alla nostra tavola. Ci vuole pazienza. 



    Va comunque sottolineato che anche lo S&P500 (-13.73% ytd) dai massimi ha comunque fatto un -17% e non si trova lontanissimo dall'entrare in un bear market. Fondamentale che non vada sotto i 4'950 punti. I volumi sono eccezionalmente elevati (vale anche per gli altri mercati) e avvalora più che mai il movimento ribassista.



    Per il momento possiamo sperare che il movimento ribassista del Nasdaq (-19.28% ytd) si fermi sul supporto segnalato dalla linea rossa a 15'580 (praticamente venerdì ha chiuso sul supporto...). Intravvediamo un pericolo:  se non si trova una soluzione, quale ritorsione ai dazi, si potrebbe pensare di regolamentare in modo molto pesante l'attività internazionale  delle le Big Tech americane: per Google, Meta, Amazon, ecc. potrebbero esserci sorprese poco gradite. Ovviamente la speranza è che non si debba arrivare a questi estremi...



    Correzione pesante anche per l'Eurostoxx50 (-0.36% ytd) che ha portato a zero la performance da inizio anno. Un vero peccato ma per il momento la situazione tecnica sembra meno pesante di quella americana. I 4'660 punti sono il prossimo supporto e siamo ancora piuttosto lontani (... lo ammettiamo, è una magra consolazione!)



    Non ci ricordiamo di aver mai visto l'RSI dello SMI (+0.41% ytd) così in ipervenduto (19.56). I dazi al 31% - a dire di Trump siamo degli astuti manipolatori di valuta -  hanno lasciato il segno. Con un RSI così basso potremmo anche assistere ad un rimbalzo poderoso la prossima settimana. Va però tenuto conto di una cosa che assolutamente non ci piace: pare che Trump non abbia  ancor messo mani ai dazi riguardanti il settore farmaceutico ma lo farà a breve... Sia Roche che Novartis producono, e non poco, negli USA ma considerando  che alla sanità c'è un certo Robert Kennedy non siamo per nulla tranquilli... Siamo sull'attenti, anzi, di più!! La prudenza in questo caso non è mai troppa.

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    I rendimenti sul dollaro continuano a scendere (in nero il treasury a 10 anni e in rosso il 2 anni) e la direzione punta verso il 3%-3.5%. E' chiaro che questo non aiuta la valuta americana anche se venerdì pomeriggio ha avuto una reazione d'orgoglio. Evidentemente lo stato di ipervenduto ha favorito il rimbalzo.


    In ambito forex una perdita del 2.5% in due giorni è difficile da osservare ma è quello che è successo. Ci stiamo muovendo verso lo 0.84 e con l'aria che tira non è un obiettivo impossibile...



    La debolezza del dollaro è palese anche contro euro ed è tutto dire. Se non ci fosse stata la reazione di venerdì avremmo con ogni probabilità chiuso in prossimità dell'1.12. Non siamo lontani...


    In effetti il franco svizzero, quando c'è maretta nell'aria, si dimostra sempre degno del suo ruolo di valuta rifugio. Se l'Europa troverà  in fretta una soluzione al problema dei dazi probabilmente l'euro potrà rientrare nel canale ascendente... altrimenti speriamo che la sua caduta si fermi a 0.9330 e non vada oltre.


    Per il momento la musica per il bitcoin non cambia: se lo si vuol comprare bisogna aspettare che rompa la resistenza della linea rossa. Siamo invece meno propensi a credere che possa andare a 73'000 come invece abbiamo sottolineato spesso nelle scorse settimane. 80'000 sembra essere un buon supporto.


    Buona domenica!


    PS: il prossimo fine settimana Appunti Finanziari si prende un week end di riposo... se vi sono cose importantissime che dovete sapere vedremo di comunicarle in settimana o al più tardi lunedì 14 aprile.


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