domenica 31 dicembre 2023

Appunti di fine anno

Non avevamo troppi dubbi sul fatto che l’anno finanziario si sarebbe chiuso a metà dicembre subito dopo le riunioni delle Banche Centrali. Da allora abbiamo tirato a campare fino ad oggi: un gran numero di operatori se n'è andato in vacanza, i volumi si sono quasi dimezzati e la scarsità di dati macroeconomici ha fatto il resto. A dire la verità qualche movimento piuttosto importante, del quale facciamo fatica a capirne la ratio, c’è stato: alludiamo al (eccessivo?) rafforzamento del franco svizzero praticamente contro tutte le valute: capofila dei perdenti da inizio anno tra le monete che contano... il dollaro americano! 

Per questi ultimi Appunti dell’anno avevamo pensato di passare semplicemente in rassegna quanto accaduto alle principali asset classes accompagnate da brevi commenti là dove sono necessari. Il resoconto servirà da base di partenza per le nostre riflessioni su quanto potrà accadere nel 2024 e che pubblicheremo nei prossimi post. 

Diremmo di iniziare dal comparto azionario:



Salta subito all'occhio la performance del mercato americano e quel +44.22% del Nasdaq non ce lo scorderemo per un bel pezzo!  Buona anche la performance del più importante indice al mondo: lo S&P500 si è mosso al rialzo del 24.58% recuperando in gran parte le perdite subite nel 2022.  Va comunque sottolineato che i Magnifici 7, spinti dalle enormi aspettative che circondano il mondo dell'Intelligenza Artificiale,  hanno giocato un ruolo fondamentale e senza il loro apporto i restanti 493 titoli dell'indice avrebbero consegnato una performance dell'8% circa, buona ma non buonissima...

In Europa brilla la performance del mercato Italiano e del suo indice quel FTSE MIB che, imbottito di titoli bancari, ha saputo approfittare del buon momento del settore. In generale l'Europa archivia un anno con una performance attorno al 20%. Deludenti le performance di Inghilterra e Svizzera: se della prima poco ci importa, non possiamo dire la stessa cosa per la borsa di casa nostra che è stata zavorrata da Lonza: -21.70%; Roche : -15.83% e Nestlé: -8.99%. Bene per contro la performance di UBS (miglior titolo dello SMI con un +53.75%), Holcim: +43.87 e Partners Group: +48.51%.

In Asia salta all'occhio il risultato del Nikkei, che grazie alla debolezza dello yen,  ha saputo mettere a segno un + 28.24%. Male, ma non è una sorpresa, il mercato cinese che chiude l'anno con un pesante segno meno. Non vi nascondiamo che ci stiamo risintonizzando con questi mercati e ne parleremo più diffusamente nei prossimi post.

Ma proviamo ad osservare le performance degli indici tenendo conto delle fluttuazioni valutarie che spesso sottovalutiamo.  L'ultima colonna a destra riporta la performance dell'indice aggiustata per le fluttuazioni del cambio contro chf ed euro.

Per chi pensa in chf:


La forza (eccessiva!) della moneta svizzera come vedete ha portato a dei ridimensionamenti delle performances annuali di non poco conto,  anche se crediamo che il franco non potrà continuare ad irrobustirsi con l'ampiezza e la velocità che abbiamo visto in questi ultimi 10 giorni...


Per chi invece ha l'abitudine di pensare in euro...


...gli scostamenti sono piuttosto contenuti fatto salvo per lo SMI che, non brillando di suo, l'ha fatto indirettamente grazie alla forza della moneta svizzera che gli ha permesso di superare il 10%. Discorso opposto per il Nikkei che, a causa della debolezza dello yen, praticamente dimezza il suo brillante risultato (dal +28.24 ad un più modesto + 15.01%). 


In molti ci stanno chiedendo come vediamo il 2024 da un punto di vista azionario: salire ogni anno del 15-20% non è possibile... per il momento vogliamo solo dire che siamo moderatamente positivi e per oggi vi spieghiamo il perché , anche se solo parzialmente, gettando un rapido sguardo ai soliti grafici:


Lo S&P500 è ad un passo dai massimi storici senza per il momento riuscire ad andare oltre. Avrebbe bisogno di una bella scarica di positività che potrebbe arrivare da utili in netta crescita ma con un soft landing in arrivo non sarà facile vedere i guadagni salire con una tale decisione da far decollare nuovamente l'indice. Tecnicamente è sempre in ipercomprato e necessita di una correzione prima di ripartire...


Discorso simile anche per il Nasdaq anche se dai massimi storici è ancora lontano... Saremmo stupiti nel veder crescere i Magnifici 7 con la stessa virulenza con la quale sono saliti nel 2023*. Senza di loro anche il Nasdaq avrebbe brillato decisamente di meno. All'orizzonte qualche problema giuridico l'Intelligenza Artificiale lo sta creando... Potrebbe essere un freno allo sviluppo di questa tecnologia? Ne dubitiamo. Comunque qualche corposa multa per violazione dei copyright  in concomitanza con i tentativi di regolare il settore potrebbero in effetti raffreddare un pochino gli entusiasmi.

* Apple: +48%; Microsoft: +53;% Alphabet: + 46%; Amazon: +71%; Nvidia: + 213%; Tesla: +101%; Meta: +156%



L'Eurostooxx50 è inchiodato da 2 settimane attorno ai 4'500 punti restando in ipercomprato e ci resterà fino a quando avrà finito di spostarsi lateralmente. Sembra anche voler uscire dal canale ascendente (tratteggiato) e porre fine al trend rialzista che in effetti non poteva durare ancora a lungo considerata la ripidità della salita; una pausa è più che benefica e non ci resta che attendere le prime sedute dell'anno nuovo per vedere che aria tira... con un P/E di 14 comunque non sembra essere troppo caro, anzi... 




Il 2023 non è certo stato l'anno d'oro della borsa svizzera... Al mese di marzo ci aveva illuso che anche lei potesse seguire il recupero degli altri mercati ma da giugno in poi il trend a breve è girato e ad ottobre, caso unico in Europa,  ce la siamo ritrovata addirittura in negativo. Ha trovato la forza di reagire solo quando ha impattato il supporto dei 10'300 punti.

Comunque sia anche la borsa svizzera si è trascinata stancamente nelle ultime sedute dell'anno e sta cercando disperatamene di non uscire dal canale ascendente avviatosi alla metà di ottobre. Di certo la forza del franco non aiuta proprio per nulla e a questo punto non saremmo sorpresi più di tanto se la BNS, improvvisamente, decidesse di tagliare i tassi nelle prime settimane dell'anno... ovviamente questa è più una speranza che una certezza e quindi prendetela come un'amenità di fine anno, ma in effetti se il franco non si decide a perdere un po' del suo valore proprio positivissimi non possiamo essere. Qualcuno dice che la misera performance del 2023 lascerebbe aperta la porta per un recupero più convincente di quello fatto fino ad oggi: può essere,  ma bisogna che prima qualcuno si accorga che anche noi trattiamo a solo 14 volte gli utili dello SMI.

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Il mondo del reddito fisso anche quest'anno non è stato facilissimo da gestire. Dopo il notevole rialzo dei rendimenti del 2022, non si pensava che nel 2023 la tendenza a salire sarebbe continuata per una buona parte dell'anno raggiungendo rendimenti che nessuno aveva messo in conto; chi ha cercato di combattere la FED e/o la BCE si è fatto male. Le cose sono migliorate solo a partire dalla fine di ottobre quando tra gli investitori è maturata la convinzione che le Banche Centrali, rassicurate dalla notevole e rapida riduzione dell'inflazione,  avrebbero presto abbandonato la politica dei tassi al rialzo; a quel punto si sono aperte le scommesse su quando arriveranno i primi tagli nel 2024.  La conseguente rapida discesa dei rendimenti è stato un vero toccasana per le obbligazioni che finalmente hanno potuto iniziare a recuperare le ingenti perdite subite l'anno precedente.


In pochi avevano scommesso che Powell avrebbe spinto il tasso dei Fed Funds tra il 5.25 e il 5.5% ma così è stato e la curva dei rendimenti non ha fatto altro che adeguarsi. Comunque, se ci si poteva aspettare una resa sopra il 5% per le durate brevi (in rosso il TB 2 anni), vedere il decennale sfiorare il 5% non è stato proprio un bel momento. Fortuna vuole che è durato poco e subito dopo si è innescata la discesa. Ad oggi il tasso a 10 anni è tornato sotto il 4% e difficilmente risalirà. Insomma ci vorrebbe una inattesa recrudescenza dell'inflazione per vederlo ripartire al rialzo.



L'indice obbligazionario total return delle obbligazioni investment grade in dollari, dopo aver nicchiato per quasi tutto l'anno, chiude il 2023 con un aumento dell'8.52%. Circa metà della perdita del 2022 è stata recuperata.




Anche la BCE è stata costretta a portare il tasso di riferimento al 4% e per fortuna i rendimenti del Bund tedesco non sono saliti fin lassù ma si sono fermati un'ottantina di basis points prima. Poi, verso settembre, hanno iniziato il loro percorso discendente...


... che ha rimesso in moto gli acquisti delle obbligazioni in euro che dovrebbe persistere anche nel 2024. Pure l'indice total return delle obbligazioni in euro ha chiuso l'anno con un rialzo del 7.19%.



Anche la Banca Nazionale Svizzera ha portato il suo tasso di riferimento all1.75% e i rendimenti delle obbligazioni della Confederazione si sono adeguati alla situazione: già lo scorso anno le rese da negative (-0.75%)  sono salite oltre il punto e mezzo per poi iniziare un percorso laterale iniziando a scendere solo verso la fine di ottobre. Come detto non saremmo completamente presi in contropiede se la BNS, prima fra tutte le Banche Centrali europee ad aumentare a sorpresa i tassi,  decidesse piuttosto rapidamente di tagliare il costo del denaro al fine di riportare il franco svizzero ad essere quotato in modo più ragionevole.

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Già che stiamo parlando di franco svizzero ve lo mostriamo contro il dollaro:


Ad inizio anno la parità tra le due monete era situata attorno ai 0.93 centesimi e 365 giorni dopo la medesima parità ce la ritroviamo a 0.84 centesimi. Alzino la mano coloro che l'avevano previsto... nessun dubbio sul fatto che di mani alzate ne vediamo poche. Francamente non è facile comprendere da dove arriva tutta la forza del franco... 
I cambisti parlano del differenziale dei tassi tra le due monete che sono destinati a ridursi favorendo il franco; gli analisti tecnici sottolineano come il death cross delle medie mobili (frecci rossa) abbia accentuato il trend ribassista; gli economisti tirano in ballo le teoria della parità del potere d'acquisto... Noi pensiamo che sia una delle conseguenze della montagna di debiti che gli americani hanno accumulato durante il covid...
Fatto sta che da inizio anno la perdita di valore del dollaro contro la nostra moneta ha quasi raggiunto il 10%... e stiamo parlando del dollaro americano e non di una moneta di un paese in via di sviluppo!
A questo punto al situazione la può raddrizzare solo la nostra Banca Nazionale tagliando i tassi oppure a brevissimo termine quando qualcuno che si accorgerà che l'RSI di dollaro/chf a 14 giorni è a 20.48 (!) e gli verrà la voglia di comprare un po' di dollari...


Anche euro/franco comunque non sembra essere messo benissimo:



E' dalla sua creazione che l'euro sta soffrendo contro chf... in molti ce lo ricordiamo quanto ci voleva quasi 1.60 fr per comprare 1 euro... venerdì erano sufficienti 0.928 centesimi. Quello che comunque sorprende è stato il movimento degli ultimi giorni che, come già sottolineato, non riusciamo a spiegarci. Capiamo invece perfettamente cosa significa una perdita di valore del 6.53% che farà felici coloro che posseggono franchi e pensano in euro... Di sicuro a non esser troppo contenti sono gli esportatori svizzeri che,  per quanto siano flessibili e abituati alle bizze dell'euro,  un simile rafforzamento del franco non sarà facile da gestire. Speriamo che la Banca Nazionale Svizzera abbia orecchie per intendere...



Fino ad ora abbiamo sempre parlato della forza del franco svizzero ma forse bisognerebbe mettere maggiormente l'accento sulla debolezza del dollaro americano, dollaro che nel 2024 si è indebolito di un 3% persino contro la valuta europea. Per il momento comunque le due monete si stanno spostando lateralmente all'interno di un canale piuttoso ampio (1.05-1.11) che sta diventando sempre più evidente. Saremo venditori di dollari contro euro solo quando il livello di 1.11 sarà superato con decisone.

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Bene, siamo consapevoli che parlare di finanza può essere noioso, anzi lo è!  La noia poi si può addirittura trasformare in frustrazione quando le cose non girano come vorremmo e si desidererebbe fare altro... Succede anche a noi, ma il sapere che siete in tanti che ci spronate a scrivere è un grande antidoto che ci impedisce di soccombere alla tentazione di girare la testa dall'altra parte quando le cose si fanno scomode. Di questo vi siamo grati! Adesso ci prendiamo qualche giorno per tirare il fiato...

Arrivederci nel 2024! Tanti auguri di Buon Anno!!


lunedì 25 dicembre 2023

2023: un piccolo consuntivo

 Siamo giunti alle battute finali di quest'anno finanziario che tutto sommato qualche soddisfazione ce l'ha data. Alla fine di questa settimana potremo passarlo agli atti ed archiviare la pratica.

Durante la scorsa settimana abbiamo ancora intercettato qualche dato macroeconomico che non vogliamo che passi sottotraccia e poi, per l'ennesima e speriamo ultima volta, desideriamo porci la domanda se ha ancora un senso compiuto intestardirsi con le previsioni economiche e finanziarie per il nuovo anno, emanate da istituti variabilmente blasonati, dal momento che è stato dimostrato che la loro efficacia ha spesso una data di scadenza di qualche mese ma non oltre e quindi figuriamoci quanto è complesso farne una che dovrebbe coprire l'anno intero.

Ma vediamo cosa siamo venuti a sapere d'importante la scorsa settimana. 

Lunedì 18.12 l'indice IFO, quello che misura la fiducia di 7000 aziende tedesche, esce in calo all'86.4 (attesa: 87.8, precedente: 87.2) a conferma del momentaccio che sta passando quasi tutta l'industria germanica.

Il giorno seguente, martedì 19.12,  dall'Europa arriva il dato sull'inflazione annuale: è scesa al 3.6% (atteso: 3.6%; precedente: 4.2%)... la cura della BCE continua a fare il suo effetto. Di questo passo il target del 2% non sembra irraggiungibile consideranto che l'IPC europeo,  l'indice che misura i prezzi di beni e servizi, è sceso al 2.4% (atteso: 2.4% ; precedente: 2.9%).

Mercoledì 19.12 è il turno del consumer confidence americano (nov.) che sale al 110.7 (atteso: 103.8; precedente: 101) altra conferma che gli americani non sembrano essere così mal messi, anzi... 

...anche se il 21.12, sempre dagli States, gli US Leading indicators (nov.) sono al ribasso dello 0.5% per il ventesimo mese di fila (in teoria dovrebbero già essere in recessione da un pezzo...) ed il PIL del terzo trimestre è stato rivisto al ribasso dal 5.2% al 4.9% che è comunque una crescita di tutto rispetto (curiosissimi di vedere cosa uscirà per il quarto trimestre...).

La settimana si chiude con le entrate personali (nov.) degli americani al rialzo dello 0.4%,  seguito dalla vendita di beni durevoli (nov.) al 5.4% (attesa: 2%; precedente: -5.1) e soprattutto dalla conferma che l'inflazione continua a scendere: l'importante indice PCE (annuale) che misura i prezzi di beni e servizi passa dal 2.9% al 2.6% ed il Core PCE (annuale) è sceso dal 3.4% al 3.2%. Insomma: gli americani guadagnano un qualcosina in più, non si fanno problemi ad acquistare beni durevoli mentre il rincaro continua a scendere; detto così sembra perfino troppo bello per essere vero.

Da questi dati possiamo dedurre che in effetti l'inflazione europea continua a dare segnali di indebolimento e che, considerate le condizioni economiche non ottimali in diverse nazioni (Germania in testa), potrebbero diventare urgenti almeno un paio dei 6 tagli che il mercato si aspetta per l'anno nuovo. Negli USA, a nostro giudizio,  una gran fretta di procedere ai 4 tagli previsti non sembra esserci. 

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La scorsa settimana per i mercati è stata una settimana di consolidamento e a parte qualche piccolo scossone non è successo nulla di veramente importante. 

Vorremmo ora passare in rassegna i soliti grafici ma prima di farlo siamo andati a vedere quali erano le previsioni espresse da alcuni importanti operatori finanziari 12 mesi orsono e verificare la qualità dei dati.

Partiamo dai mercati azionari. La tabella, come le altre che seguiranno, è uno spaccato delle previsioni che avevamo pubblicato il 5 gennaio 2023  e tra le parentesi trovate il valore dell'indice o della valuta di quel giorno. Se qualche curioso ha voglia di andare a rileggersi cosa avevamo scritto,  può cliccare qui; la parte dedicata alle nostre aspettative per il 2023 non è tutta da buttare, anzi...




Per lo S&P500 le previsioni più rosee presenti nella tabella sono quelle di GS e UBS che si aspettavano un aumento del 4.2% a 4000 punti; per il CS bisognava tener giù le mani dall'indice mentre JP Morgan era fondamentalmente neutrale.




Nella realtà sappiamo tutti come è andata e lo S&P500 (+23.83 ytd), che nel 2022 aveva perso il 19.44%,  non si è accontentato di un modesto rialzo del 4% o sù di lì e probabilmente chiuderà l'anno con una plusvalenza attorno al 23-24%... 
Durante la settimana ci sono state alcune piccole prese di beneficio come è normale che sia e per il momento l'indice  rimane sempre in zona di ipercomprato;  bisogna procedere con prudenza se si vogliono fare nuovi acquisti. Superare il massimo storico dei 4800 punti non sarà una passeggiata... forse ce la si può fare se i tagli arriveranno prima del previsto (diciamo a marzo) ma, come abbiamo visto, non sembra esserci una grande urgenza di tagliarli a tutti i costi tanto per vedere cosa succede... 

Per il momento ci fermiamo qui e riprenderemo il discorso quando parleremo di previsioni.... insomma, eviteremo di indicare dei target numerici e ci concentreremo sui trend (come l'amico Ned Davis insegna). Qualche supposizione sullo sviluppo dei mercati nel prossimo anno la dobbiamo fare. Non possiamo proprio muoverci alla cieca e con obiettivi unicamente di corto o cortissimo termine.

A proposito di Ned Davis...


...come sappiamo ritiene che la cosa fondamentale, che facciamo nostra, sia intercettare i trend ed il suo algoritmo ci riesce piuttosto bene... anzi quest'anno fa persino un pochino di paura: a parte l'ampiezza della correzione dei mesi di settembre/ottobre che non è stata catturata con precisione, per il resto dell'anno la realtà ha ricalcato il modello in modo impressionante.

Siamo andati a riprendere anche i cicli compositi del 2021 e 2022:





...ci vien voglia di dire che almeno i primi 6 mesi dell'anno il modello è quasi infallibile. Un pochino meno preciso durante la seconda metà dell'anno ma comunque... Del modello di Ned Davis ne parleremo presto quando affronteremo quali sono i nostri scenari per il 2024.




Per l'Eurostoxx50 (+19.19% ytd) la perdita del 2022 era stata del 12.90% ma l'indice già a partire dal mese di settembre aveva cercato di reagire ed in parte c'era pure riuscito. La previsione del CS per il 2023 lo voleva rispedire al ribasso di un 10% in prossimità dei minimi dei mesi di settembre/ottobre,  mentre gli analisti di UBS, seppure meno pessimisti,  non vedevano praticamente nessun potenziale.

Nella realtà oggi l'indice si trova all'interno di un canale rialzista che l'ha portato finalmente a testare nuovi massimi: evidentemente questo mercato era da anni che veniva trascurato (era sempre ben visto dagli analisti ma nessun investitore se lo filava seriamente...) e nel 2023, malgrado le condizioni dell'economia europea non siano delle migliori, si è deciso a reagire. Oggi è, come la maggior parte degli indici azionari, in chiaro stato di ipercomprato e non sarà facilissimo vederlo salire dentro quel canale ascendente che l'ha portato verso il massimo storico. E' più probabile che da quel canale uscirà abbastanza presto e una visitina al supporto dei 4'400 non è da escludere. Molto dipenderà da quando la BCE si deciderà a tagliare i tassi...




Un'occhiatina allo SMI (+3.95% ytd), anche se non era presente nella tabella delle previsioni per il 2023,  la diamo comunque: siamo ancora perfettamente all'interno del canale ascendente, bene. Ci preoccupa un pochino lo stato di ipercomprato malgrado la correzione dell'ultima settimana: quest'ultima non è stata abbastanza incisiva da parmetterci di avere un RSI meno tonico e quindi qualche altro aggiustamento al ribasso è da mettere in conto. 

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Capitolo tassi di interesse e relativi rendimenti:





Oggi il Treasury americano a dici anni rende il  3.89% e tutto sommato le previsioni non sono state così fuorvianti, anzi... a memoria comunque non ci pare che nessun operatore nel mese di dicembre 2023 aveva previsto che il decennale potesse sfiorare il 5%, men che meno noi... non si pensava che, considerati i debiti nazionali oramai stratosferici, il costo del denaro potesse salire tanto. Insegnamento da trarre: combattere la FED ed in generale le Banche Centrali non è (quasi) mai una buona idea... Avessimo avuto una sensibilità maggiore,  forse avremmo pututo gestire il reddito fisso con un pochino più di efficacia. Fortuna vuole che da novembre le rese sono scese di buona lena raddrizzando la performance di una asset class che rischiava per il secondo anno di fila di avere un segno meno davanti. Non bello!



Discorso simile per il Bund tedesco a 10 anni. Le previsioni tutto sommato non sono state malvagie ma solo grazie alla recente diminuzione delle rese. Tassi al 3% non erano in molti a pronosticarli nel 2023.


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Altra asset class non facile da pronosticare: i cambi tra valute...





Sulla parità euro/usd c'è stata una discreta convergenza di opinioni che davano l'euro, che si trovava contro $ a 1.07 alla fine del 2022, in indebolimento: 1.05 era indicato come un livello di possibile  riduzione del valore della moneta europea e per ben tre volte durante l'anno questo valore è stato toccato... Poi il dollaro ha iniziato ad indebolisi alla fine di settembre ed il trend di allentamento è tuttora in corso... 1.11 è una bella resistenza che non sarà facile superare ma se lo fosse dovremo ridurre un po' la quota dollari.


Euro/chf era visto al ribasso e così è stato ed i 0.91 cts di UBS e i 0.92 di Goldmann Sachs sembrano non essere poi così lontani soprattutto se la BNS si ostinerà a mantenere i tassi svizzeri agli attuali livelli... solo l'industria svizzerà sa quanto sarebbe bello avere un franco un pochino meno forte...



Dollaro/chf doveva essere alla fine di quest'anno tra i 0.95cts e i 0.88cts ... previsioni di questa ampiezza sono, lo comprendete bene, difficilmente utilizzabili.
Comunque se c'è una moneta contro la quale il franco si esalta è proprio quella americana e i 0.855 cts di venerdì scorso sono lì a dimostrarlo. Nemmeno UBS, notoriamente da anni ribassista sulla parità USD/chf,  ha osato fare una previsione sotto i 0.88 centesimi... la realtà è pure peggiore... ci torviamo in un'area di nettissimo ipervenduto e un rimbalzo ci darebbe la possilità di alleggerire un po' la valuta americana.

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Un discorso molto simile riguarda anche quello sulle commodities:


Il petrolio a quest'ora doveva essere più vicino ai 100$ al barile che non ai 75$ segnalati da Julius Baer... Due guerre, quella Russo/Ucraina alla quale si è aggiunto il conflitto Israelo-palestinese, quasi nulla hanno potuto contro l'affievolimento del prezzo del petrolio che probabilmente è in questo momento più influenzato, malgrado i tagli alla produzione, dalla prospettiva di un rallentamento economico e da scorte che sono a buoni livelli. Insomma,  purtroppo alle guerre ci si abitua molto facilmente. Maggiori preccupazioni possono arrivare dall'attuale situazione di instabilità nel Canale di Suez, situazione che stiamo tenendo parecchio sotto controllo...



Quanto sia stata errata la previsione sull'oro è lì da vedere.... dopo aver raggiunto il massimo storico a 2153$ per oncia abbiamo assistito ad una presa di profitto ma comunque il metallo giallo sembra per il momento tenere piuttosto bene quota 2000 grazie anche all'indebolimento del dollaro e alla prospettiva di un taglio ai tassi. 
Se pensiamo che tra l'attuale quotazione e quella di Julius Baer ci sono circa 30 punti percentuali è piuttosto chiaro che di previsioni come queste non possiamo farci un granché.

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Riassumendo: durante la scorsa settimana e probabilmente anche in quella a venire, non succederà nulla di particolarmente trascendentale. Abbiamo visto alcuni dati macro che confermano due cose: l'inflazione in Europa ed in America sta scendendo: bene così. Un po' meno bene la situazione economica: quella europea preoccupa ed alimenta le speranze per dei tagli ai tassi piuttosto numerosi durante l'anno nuovo. Primo taglio a marzo? Vedremo.
L'economia americana per contro sembra meglio messa: vi sono segnali di rallentamento ma non così gravi da parlare di recessione. Se vi ricordate bene noi la davamo quasi per scontata: sbagliato! Ma a dir la verità a portarci ad una conclusione errata è stata la teoria economica che ci ha insegnato che da quando si inizia ad aumentare i tassi (soprattutto quando gli aumenti sono massicci come quelli appena vissuti) dopo 12/18 mesi si entra quasi certamente in una fase recessiva. Per il momento la teoria è stata sconfessata dai fatti e se si parlerà nel 2024 di recessione americana sarà verosimilmente leggera. E' altrettanto probabile che una parte dei manuali di economia andranno parzialmente riscritti: oltre a non capire come sia stato possibile sfuggire alla recessione, e qui bisognerà teorizzare attorno al concetto di "helicopter money",  dovremo capire meglio come funziona la "nuova disoccupazione" in America... quella vecchia sembra per il momento sparita... rimane quella sistemica ma nulla più. 

Dall'analisi delle previsioni dello scorso anno siamo giunti alla conclusione che nella maggior parte dei casi gli analisiti si sono infilati in un ginepraio e lì sono rimasti. I loro numeri sono spesso inutilizzabili. Molto meglio la tecnica direzionale che analizza i trend di mercato e cerca di individuare il momento dove il trend tende a cambiare di direzione. Ne parlermo più in dettaglio quando affronteremo le previsioni per il 2024.


Buon Natale!!

















domenica 17 dicembre 2023

Les jeux sont faits!

Les jeux sont faits! E' stata una settimana impegnativa ma ora sappiamo cosa si aspettano i banchieri centrali per il 2024 e gli scenari che ci hanno proposto non si discostano molto da quelli che vi abbiamo descritto nelle scorse settimane. 


Ridotti all'osso possiamo riassumerli nel modo seguente: l'inflazione è oramai sotto controllo (tanto in Europa quanto negli USA); l'economia mostra segnali d'indebolimento (un po' di più in Europa...); probabilmente non alzeranno più i tassi (ma pronti a farlo se serve... come ha fatto la Banca Centrale norvegese!)  ma dalle due sponde dell'Atlantico NON sono ancora pronti a farli scendere. Su quest'ultimo aspetto la retorica della Lagarde differisce, e non di poco, da quella di Powell.


Per quest'ultimo, come vedremo, ci sono i Dot Plot che parlano in sua vece ed anche il linguaggio adottato è comunque parso più dovish e accomodante del solito. 


Madame Lagarde invece è stata particolarmente incisiva e si vedeva proprio che smaniava - ci mancava poco che pestasse i pugni sul tavolo - nel volerci far sapere che durante la seduta della BCE di giovedì  il tema di un eventuale taglio ai tassi NON è stato neppure oggetto di discussione. Punto! Come dire che per il momento dobbiamo accontentarci del tormentone "higher for longer". Altro punto! 


Probabilmente non ha ancora digerito il fatto di aver iniziato ad alzare i tassi troppo tardi; ora teme di abbassarli troppo presto... nel frattempo, se si dovesse distrarre anche solo per un attimo, il rischio di ritardare la riduzione del costo del denaro potrebbe costargli caro favorendo l'avvio di una vera e propria recessione... Ovviamente non glielo auguriamo ma il rischio è dietro l'angolo... Poi, se così fosse, i tassi dovranno essere tagliati con l'accetta...


Per la cronaca anche la nostra Banca Nazionale Svizzera ha lasciato i tassi invariati: non vi nascondiamo che se li avessero tagliati non ci avrebbe completamente preso in contropiede... Se vi ricordate bene è stata la prima ad alzarli, nel mese di giugno del 2022, sorprendendoci non poco. Farli scendere poteva essere un bel regalo ma ovviamente un banchiere centrale non è di certo Babbo Natale... Ciò non toglie che i futures scontano un taglio dello 0.25 addirittura per il mese di marzo; probabilità? 90%!... Ne seguiranno altri 2 in date ancora da identificare; poi, per il 2024, dovrebbero bastare.


Comunque sia molti economisti in questi giorni si sono dati da fare per sottolineare, una volta di più, quanto segue:


La core inflation, che come oramai sappiamo, è quella maggiormente tenuta sotto controllo dalle Banche Centrali, è da parecchi mesi che ha imboccato la strada della discesa. Quella americana è stata fotografata martedì 12 al 4% (attesa: 4%; precedente: 4%) mentre l'inflazione di base ha subito un modesto rallentamento al 3.1% (attesa: 3.1%; precedente: 3.2%). 

Sembra scendere più velocemente quella Europea: la core inflation è al 3.6% e probabilmente la vedremo anche più bassa nelle prossime registrazioni. Il rallentamento dell'economia nel nostro continente è palese tanto da giustificare, come vedremo fra poco,  aspettative di almeno 6 tagli ai tassi guida per il 2024... Ovviamente Lagarde permettendo...




Se osserviamo bene il grafico e soprattutto la linea blu che rappresenta le aspettative di tagli ai tassi europei, possiamo toccare con mano quanto rapidamente il contesto economico si stia degradando: se agli inizi di giugno le aspettative di un taglio erano vicine allo zero, sei mesi dopo il mercato stima che serviranno almeno 6 tagli (o 152 basis points) per evitare che il rallentamento si trasformi in una recesssione. Anche l'Inghilterra (linea verde) non è messa molto bene, mentre per gli Stati Uniti le attese per dei tagli erano già ben presenti a giugno, si sono affievolite nei mesi successivi, per poi riprendere a scendere da ottobre in poi con il probabile beneplacito di Powell...


A tal proposito gettiamo un'occhiata al Dot Plot e vediamo cosa si aspettano i Governatori della FED:



Per la fine del 2024 i tassi dei Fed funds, secondo le stime indicate dai membri del FOMC, attorno al 4.75 o giù di lì ed in effetti corrisponde a qualche cosa come a 3 o 4 tagli dello 0.25% ciascuno. Le previsioni per il 2025 tendiamo a non prenderle in considerazione in quanto è già estremamente complesso farle per l'anno che verrà, andare al 2025 ci sembra più che altro un esercizio di stile ma nulla più; di certo non prenderemo delle decisioni di investimento basandoci su di una previsione che sappiamo essere poco affidabile.


Comunque sia, tutto questo discutere di tassi e di relativi tagli per il prossimo anno, continua a produrre effetti positivi per tutto il comparto obbligazionario, sia in euro che in dollari e mettiamoci pure il franco svizzero:


Le obbligazioni in euro hanno finalmente il vento in poppa e da inizio anno hanno quasi accumulato una performance del 7%, non male se pensiamo che a settembre erano ancora in perdita...





Le obbligazioni in dollari sembrano un po' meno pimpanti,  ma stanno comunque recuperando e se continua così, è solo una questione di tempo, le vedremo a dei livelli simili a quello delle consorelle in euro. Come già sottolineato la scora settimana , tutti questi movimenti fanno un gran bene ai portafogli più prudenti dove l'asset allocation è particolarmente orientata verso il reddito fisso.


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Due parole sui cambi e sull'oro.

Tutto questo parlare di tagli ai tassi non fa altro che rafforzare il franco svizzero che se continua di questo passo ci vorranno solo 0.8550 centesimi per comprare 1 dollaro. La freccia rossa indica l'incrocio ribassista della media mobile dei 50 giorni (linea viola) con quella dei 200 (linea blu) e dei 100 giorni (linea verde)... è un classico "death cross" (o incrocio della morte) che conferma il trend ribassista.


Il trend di euro/franco ci pare piuttosto evidente: quello di medio periodo, avviatosi nel mese di marzo del 2021 e rappresentato dalla resistenza dinamica (linea rossa tratteggiata) per il momento non lascia scampo alla valuta europea... saremmo già contenti se per il 2024 il movimento fosse laterale, diciamo confinato tra lo 0.9450 e lo 0.97... sotto lo 0.94 farà felice solo il presidente della BNS Jordan, un po' meno chi esporta parecchio nell'UE.


Malgrado i 6 tagli ai tassi attesi dal mercato, l'euro ultimamente si sta rafforzando contro dollaro. Per il momento sembra non riuscire ad andare oltre la resistenza posta a 1.1... dovesse riuscirci saremmo costretti ad alleggerire un po' la presenza della valuta americana nelle nostre gestioni...


L'oro, dopo aver segnato il suo record storico (freccia rossa),  ha subito corretto riportandosi sotto i 2000 dollari per oncia. Il taglio ai tassi aiuterà l'oro a consolidare il suo valore attorno a quello attuale. Per il momento non crediamo che possa fare molto di più... ovviamente scenario geo-politico permettendo. Una quota di oro in deposito non guasta...

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Sono 5 settimane filate che i mercati azionari chiudono la settimana con un guadagno. Bello ma è abbastanza intuitivo che dopo simili rally prima o poi una pausa se la dovranno prendere. Difficile dire quando... La BCE si riunirà il 25 gennaio e la FED il 30-31 e fino ad allora di stimoli legati alla politica monetaria non ne avremo. Forse potremo fare affidamente su qualche dato macro che viene pubblicato settimanalmente ma non ci speriamo più di tanto. Tecnicamente parlando siamo in presenza di mercati piuttosto ben quotati e sono tutti (tranne qualche eccezione) vicini a resistenze e/o massimi storici che incutono qualche timore... Insomma, a cortissimo termine un po' di prudenza non guasta.



Lo S&P500 (+22.91% ytd) ha raggiunto quella che potrebbe essere una importante resistenza attorno ai 4720 punti. Siamo ad un soffio dai massimi storici e l'RSI continua ad essere in ipercomprato (cerchio rosso). Abbiamo il sostegno delle medie mobili con il golden cross della media mobile dei 50 giorni che sta incrociando quella dei 100 (freccia verde) ma potrebbe non bastare.... Non lasciamoci impressionare dai volumi: venerdi era il "giorno delle streghe" dove, come ogni trimestre,  scadono opzioni e future sugli indici e sulle singole azioni generando volumi straordinari che possiamo quantificare in 5.2 trilioni di dollari... Siamo anche in quella parte dell'anno durante il quale i gestori fanno un po' di window dressing sbarazzandosi di titoli che non sono andati bene sostituendoli con titoli in deposito che hanno performato decentemente... discutibile ma è una consuetudine secondo la quale anche l'occhio vuole la sua parte. 


Anche secondo Ned Davis lo S&P500 è arrivato dove doveva arrivare... fa impressione l'accuratezza della previsione! Speriamo che quella per l'anno prossimo si qualitativamente fatta della stessa pasta.



Pure il Nasdaq (+41.54% ytd) si trova in prossimità di una possibile resistenza... rispetto ai massimi storici c'è ancora della spazio per crescere e probabilmente se si andrà incontro ad un abbassamento dei tassi è forse il mercato che più potrà approfittarne. E' comuque anche lui in ipercomprato... (cerchio rosso)



L'Eurostoxx50 (+19.92% ytd) doveva arrivare a 4600 punti e a 4600 punti ci è arrivato per poi retrocedere di qualche frazione di punto. Difficile dire dove può andare: per il momento si muove ancora all'interno di un canale ascendete e fino a quando non abbiamo l'evidenza che ne sia uscito lo diamo ancora al rialzo...  A livello di RSI siamo in un deciso impercomprato ma lo siamo già da diverse settimane a dimostrazione del fatto che non è dato per scontato che quando questo indicatore segnala una sovraquotazione la correzione è immediata... possono passare ancora diverse settimane.



Lo SMI (+4.31% ytd) si sta dando da fare ma ha un problema che è poi quello che si sta trascinando da tutto l'anno: fino a quando Roche, Novartis e Nestlé non iniziano a salire con regolarità, e non a fare un passo avanti e due indietro, si farà fatica a rivedere i massimi storici... noi saremmo già contenti di ritornare almeno a quota 12'000 ma forse è sperare troppo. Vorremmo dare tutta la colpa alla forza del franco svizzero e quindi non ci resta che restare vigili e sperare che Jordan non si ostini a voler avere a tutti i costi un franco ipertrofico... siamo nelle sue mani.


Prima di salutarci vogliamo proporvi la vignetta che The Economist pubblica tutte le settimane:


In effetti l'intelligenza artificiale, che tanto bene ha fatto al Nasdaq quest'anno, ha delle contro indicazioni e necessita di essere in un qualche modo regolamentata prima che ci sfugga dalle mani e crei disastri... putroppo anche noi abbiamo l'impressione che il legislatore in questi casi (mettiamoci pure dentro le crypto currencies) sia sempre in ritardo e soprattutto quando si parla di EU sappiamo anche il perché. 

Buona domenica!