Ieri ci siamo presi un giorno per respirare e
liberare anche solo parzialmente la mente. Vogliamo cercare di restare lucidi e
per il momento sembra che ci stiamo riuscendo, però, se dal nostro blog vi
arrivano segnali che contraddicono quanto appena affermato, pf fateci un cenno!
Qui di seguito qualche sommario appunto in
libertà:
E’
pandemia
E’ oramai chiaro che siamo confrontati con una
vera e propria pandemia; è probabile che il mondo non ne ha mai vista una così
globalizzante: sono per il momento 132 i paesi coinvolti e sarà solo questione
di tempo prima che il virus contagi quelli mancanti all’appello.
Decalage
temporale
Ovviamente il decalage temporale tra un
continente e l’altro fa sì che la percezione della malattia sia diversa da
paese a paese, così come sono diversi gli approcci al problema. C’è chi ha
usato il pugno di ferro come i Cinesi, chi opta per metodi misti che vanno
dall’immunità di gregge fino alla mitigazione ( ma non alla repressione) come
l’Europa e ci saranno gli Stati Uniti che vedremo come reagiranno in questi giorni e quale attitudine avranno
per cercare di rallentare il contagio.
Notizia di oggi: Trump sprona Ford, GM e Tesla
a produrre ventilatori; evidentemente ha già capito quale sarà il principale
problema da risolvere. Meglio così, non si perderà tempo.
Umore
della popolazione
Se in Cina possono, forse, tirare un respiro
di sollievo, tant’è vero che si respira di già un’aria da “revenge spending”
(confermata indirettamente da uno strano comportamento al rialzo dell’azione
Swatch ), in Europa siamo in pieno marasma derivante dalla presa di coscienza
che questo non è un problema solo Italiano. Negli USA testeremo la prossima
settimana l’umore della popolazione che per il momento non sembra (tranne le
avanzatissime NY e California)
preoccuparsi più di tanto. (scommettiamo che alla fine della prossima settimana
negli USA i casi saranno superiori a quelli Europei?)
E
l’umore degli investitori?
Anche qui ci sembra di ravvisare mercati
finanziari asiatici meno preoccupati di quelli europei e americani. Vediamo se
anche la prossima settimana sarà così.
E’ ovvio che l’iniezione di trilioni di
dollari ed euro potrebbe contribuire per
lo meno a stabilizzare le borse. Siamo molto curiosi di vedere domani come si
comporteranno i mercati azionari… lasciateci essere un minimo positivi!
Sarà
come nel 2008?
Ci stiamo sforzando, ben consapevoli che ogni
crisi ha il suo specifico DNA, di trovare delle analogie con altri momenti
difficili.
Dunque, non ci sono analogie con l’87 dove
l’introduzione degli scambi automatici e una generale eccesiva quotazione dei
titoli ha scatenato un bel sell off.
Nulla a che vedere con lo scoppio della bolla
delle doc come fine 99/ inizio 2000 dove abbiamo assistito allo sgonfiarsi di
una bolla gigantesca generato dalla quotazioni astronomiche di start up che
manco sapevano cosa avrebbero fatto da grandi e già valevano centinaia di
milioni.
L’11 settembre ha una matrice terroristica e
se proprio vogliamo trovare delle analogie l’unica cosa che terrorizza in
questo momento è il virus stesso.
Arriviamo alla correzione dell’autunno 2008
generata dai famigerati subprime, pillole avvelenate travestite da pacco
regalo, che stavano per mettere definitivamente in ginocchio il sistema
bancario-finanziario. L’epicentro della crisi del 2008, che tutto sommato si è
risolta con un bello spaventone, erano
quindi le banche che hanno rischiato di fallire e di mettere in crisi tutto il
sistema di produzione che appunto dalle banche trae la sua linfa vitale.
Oggi, l’epicentro della crisi è il sistema di
produzione stesso. Obbligato a rallentare, ma non a fermarsi, il sistema
rischia grosso: molto dipenderà dalla durata dello stop forzato e se
quest’ultimo sarà ragionevolmente breve, forse ce la faremo ad evitare una
recessione a due cifre. Altrimenti per un numero importante di aziende potremo
recitare il De profundis e allora sì che inizieranno i problemi, quelli seri.
Non vorremmo trasformaci in piccoli emuli di
Alfonso Tuor, giornalista ticinese per passione ma menagramo di professione, ma
se non si riuscirà a far ripartire al più presto il sistema produttivo allora i
fallimenti saranno all’ordine del giorno. A partire dalla piccole cose: il
barettino dove si fa colazione e si leggono i quotidiani (per noi sarebbe ‘na
tragggedia) su su fino a quelle aziende che per mancanza di liquidità non
riusciranno più a … respirare.
Basta, ci fermiamo qui…
A domani cari amici!
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